Introduzione

“Una parte della borghesia desidera di portar rimedio agli inconvenienti sociali, per garantire l’esistenza della società borghese. Rientrano in questa categoria economisti, filantropi, umanitari, miglioratori della situazione delle classi lavoratrici, organizzatori di beneficenze, protettori degli animali, fondatori di società di temperanza e tutta una variopinta genìa di oscuri riformatori. E in interi sistemi è stato elaborato questo socialismo borghese [...]. Ma questo socialismo non intende affatto, con il termine di cambiamento delle condizioni materiali dell’esistenza, l’abolizione dei rapporti borghesi di produzione, possibile solo in via rivoluzionaria, ma miglioramenti amministrativi svolgentisi sul terreno di quei rapporti di produzione, che dunque non cambiano nulla nel rapporto fra capitale e lavoro salariato, ma che, nel migliore dei casi, diminuiscono le spese che la borghesia deve sostenere per il suo dominio e semplificano il suo bilancio statale.” (K. Marx - F. Engels, Manifesto del partito comunista - Il socialismo conservatore o “borghese”)

Pochi anni sono passati da quando il crollo del muro di Berlino avrebbe dovuto inaugurare una nuova epoca di pace e di prosperità, ma la realtà si è incaricata di sbugiardare questa enorme menzogna. La crisi strutturale del capitalismo, dopo aver tragicamente devastato quei paesi che, con infame cinismo, vengono detti “in via di sviluppo”, ha fatto crollare i regimi a capitalismo di stato, per decenni definiti comunisti, ma che del comunismo erano la totale negazione; e anche qui, nelle metropoli del capitale, sta mordendo sempre più in profondità - al di là di riprese e ripresine passeggere - costringendo le borghesie “occidentali” a feroci ristrutturazioni dell’apparato produttivo, quindi del rapporto tra capitale e forza-lavoro, per rendere quest’ultima più funzionale alle necessità del capitale stesso. Ecco dunque i licenziamenti a milioni, la precarietà crescente e strutturale del posto di lavoro, lo spostamento di interi settori industriali verso quei paesi ove è possibile sfruttare ancora più bestialmente i lavoratori, meglio se donne e bambini (altro che smaterializzazione del lavoro!).

E non basta. Le borghesie locali, pungolate dal “si salvi chi può” generale e agitando gli ingredienti più biechi della loro ideologia, fomentano odi religiosi, razzismi e nazionalismi per giustificare le loro guerre regionali e preparare un nuovo macello imperialista mondiale.

Ma l’aspetto più drammatico è la totale assenza della classe sul cui sfruttamento si regge questo infame sistema sociale, l’unica dunque che potrebbe (e può) distruggerlo dalle fondamenta.