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Home ›Anche in Sudafrica sindacati e riformisti contro il proletariato
Gli dei dell'Olimpo riformista messi sotto sfratto dal capitale
I miti e le leggende, si sa, hanno una loro propria forza e, vivendo nel mondo delle idee, è difficile che possano essere fatti cadere solamente con una battaglia ideologica. Perché vengano mostrati per quello che sono, di norma occorre l'intervento dei fatti materiali, che, spesso in maniera brutale, demoliscono quelle credenze che avevano scaldato il cuore e la mente di tante persone. Noi, che di miti non ne abbiamo mai avuti, anzi, li abbiamo sempre aspramente combattuti, siamo stati, nel migliore dei casi, giudicati degli insopportabili pignoli, fastidiosi e incontentabili; nel peggiore (la regola) disprezzati e insultati come spregevoli codardi che voltano le spalle a nobili cause per coltivare, nell'impotenza compiaciuta di sé, purezze intellettualistiche. Ora però, sebbene molto lentamente, l'andamento della crisi capitalistica costringe a venire allo scoperto quelle forze che per decenni hanno alimentato la mitologia della "sinistra", dimostrando la loro vera natura controrivoluzionaria.
Ultimamente, su questo giornale, ci siamo occupati abbastanza spesso di tutto ciò, tanto che quasi quasi potremmo fare una rubrica intitolata, come un vecchio film, "La caduta degli dei"; così, per incrementare questa rubrica immaginaria, dopo la Palestina e il Viet Nam, ci è caduto l'occhio sopra il Sudafrica. Anche in questo paese è salita al governo la formazione politica che per decenni aveva lottato contro una forma particolarmente odiosa del dominio capitalista - nel nostro caso, l'apartheid - senza però inquadrarla correttamente in una più sistematica e coerente strategia anticapitalistica. Anzi, la lotta all'apartheid nei suoi svolgimenti concreti o, per es., all'oppressione dello stato israeliano, erano e sono tasselli del più generale puzzle ideologico radical-borghese, comprendente il nazionalismo "di sinistra" in tutte le sue varianti e l'impossibile riformismo, oggi così in voga nel mondo del cosiddetto antagonismo (sindacatini "di base", "comunisti" rifondati, centri sociali ecc.).
Insomma, cos'è accaduto in Sudafrica dopo che l'ANC (African National Congress) ha formato un governo - comprendente anche il partito "comunista" sudafricano - attivamente appoggiato dal Cosatu, il più forte sindacato del paese, che dell'ANC è parte integrante? È accaduto che, inevitabilmente, il riformismo si è trovato a gestire la crisi per conto del capitale ossia a mettere in pratica le stesse politiche economico-sociali praticate dai governi di destra finalizzate a spremere sempre di più la classe operaia, per tentare di risollevare quei saggi di profitto che sono l'ossigeno del capitale. Né i riformisti possono fare diversamente, dato che, per natura, non sanno e neppure vogliono distruggere il sistema capitalistico, essendo convinti, anche in buona fede, che tale sistema possa essere migliorato. Oggi, in Sudafrica, la disoccupazione si è attestata al 37% e "negli ultimi dieci anni si è perso un milione di posti di lavoro, metà dei quali da quando l'ANC è andato al potere nel 1994" (il Manifesto, 11-5-'00). Non solo, ma anche qui la flessibilità e la precarietà del rapporto di lavoro stanno facendo grandi passi in avanti, con le conseguenze ben note: sottosalario, incertezza del futuro, aumento dei ritmi, abbassamento delle "garanzie" ecc. Il Manifesto, da cui abbiamo tratto queste informazioni, non ci dice se tutto ciò sia avvenuto con il contributo del Cosatu, ma noi saremmo pronti a scommetterci, visto come ha diretto lo sciopero generale da lui stesso proclamato, il 10 maggio scorso, contro la povertà, la disoccupazione dilagante e le "bramosie del capitale". A parte il fatto, per niente secondario, che ha indetto lo sciopero anche contro sé stesso (visto che fa parte del governo) o che ha guidato la manifestazione contro il palazzo della Borsa difeso dalla polizia mandata lì dal governo medesimo, quali erano le proposte (chiamarle rivendicazioni sarebbe troppo) avanzate dal sindacato? Appello ai padroni perché investano i loro capitali in Sudafrica e non all'estero; istituzione di una "terza persona" che eserciti la funzione di arbitro tra imprese e sindacato, "che valuti il fondamento dei tagli" della forza-lavoro nei casi di licenziamenti collettivi a seguito delle ristrutturazioni; protezionismo doganale nei confronti delle merci straniere e, infine, "si richiede alle imprese di informare per tempo i lavoratori delle difficoltà finanziarie e delle prospettive di chiusura, dimostrando che ad essa non vi sono alternative". Che magnifica conquista sarebbe: il minatore che corre mille volte il pericolo di lasciarci la pelle sprofondato nelle gallerie aurifere, si farà democraticamente una ragione quando il padrone lo butterà in mezzo alla strada, perché non serve più!
In Sudafrica l'apartheid è finita, ma non è finita un'altra "apartheid", la più profonda, che sorregge l'intera società e attraversa tutti gli stati e tutti i continenti: quella tra proletariato e borghesia. Contro di essa i proletari non hanno come alleati cantanti famosi e divi del cinema, preti e premi Nobel: hanno solo sé stessi e il partito rivoluzionario internazionale che stiamo costruendo.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #6
Giugno 2000
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