Il blocco dei prezzi - Un'altra beffa

Dato di fatto incontestabile: nell'attuale società, per produrre bisogna vendere; per vendere ci vogliono i compratori. Quindi - seguiamo i pensieri di T. Padoa-Schioppa (Corsera,20 settembre) - si dovrebbero tenere presenti "bisogni, aspirazioni e dignità di chi acquista". Ma qui esplode la "questione sociale", ovvero - precisiamo noi - il cosiddetto potere d'acquisto, il possesso di denaro che fa da spartiacque fra chi consuma e chi aspira, alla faccia di bisogni e dignità. Ma veniamo alle "colpe" dell'attuale situazione. Per lo Schioppa si tratterebbe di una somma di errate "interpretazioni" della questione; in particolare l'incomprensione dei cittadini riguardo alle necessità di favorire la "migliore offerta al miglior prezzo". Se abbassare i prezzi significa diminuire i costi di produzione riducendo innanzitutto sia i salari sia il numero dei lavoratori, chi si oppone - queste le conclusioni - si oppone "all'accesso popolare a beni e servizi un tempo per pochi". Lo farebbe accecato dal "pregiudizio del consumismo". Qui si arriva al culmine dell'ipocrisia e di quella presa per il fondo dei pantaloni caratterizzante le piccole ma costanti iniezioni di ideologia borghese che stampa e tv ci propinano, con le loro legioni di professionisti ed esperti nel turlupinare le coscienze. Ecco l'esempio che chiarirebbe "da che parte sta il sociale": "Oggi la giovane coppia che a stento vive con mille euro al mese (e fin qui nulla da ridire - ndr) può arredare casa, ascoltare ottima musica o andare a Londra grazie ai prezzi di Ikea, Naxos e Ryan Air, che nessun mobiliere, discografo o compagnia aerea nazionale offrono" (vedi Alitalia). A questo punto non si sa se ridere o piangere di fronte alla soluzione suggerita: basta con la "rigidità " dei costi aziendali (salari, s'intende) e avanti con l'adeguamento alla concorrenza internazionale. Il risultato sarà "l'accesso popolare a beni e servizi". Con mille euro di reddito al mese per quelli che remano, e al giorno per quelli che siedono sul ponte della barca. Chi rappresenta gli interessi di questa seconda categoria di "cittadini", in vena di filantropici gesti, ha intanto ufficializzato quello che, almeno per i prossimi tre mesi, sarà il "carrello della spesa" per cittadini dai mille euro in giù, ovvero i proletari, occupati, pensionati e disoccupati. Si tratta di un carrello a "basso prezzo" (e qualità, cosa che trattandosi prevalentemente di generi alimentari non è di poco conto, anche se gli esperti, rimangiandosi quanto fin qui detto, assicurano un identico "valore nutrizionale"). Gli si contrappone il carrello per una spesa della stessa quantità di prodotti ma ligia ai marchi pubblicizzati e a più alto prezzo (e qualità). Totale spesa per proletari: euro 92,78; per borghesi: euro 162,59. (Corsera,19 settembre) Certamente, ci avvertono, i gusti sono diversi, la carne meno tenera, l'olio non sarà d'oliva bensì il risultato di processi industriali, i prodotti non sono biologici, i polli avranno ingerito qualche farmaco, la birra è scadente, ma insomma non si può sempre avere la botte piena e la moglie ubriaca. Resta fuori dal carrello anche tutto ciò che non è confezionato (frutta, verdura, salumeria, pesce fresco, ecc.). Dal lato economico, la manovra di blocco dei prezzi per il descritto carrello della spesa, riguarda prodotti che nei supermercati (primi prezzi, marchi propri, ecc.) sono gia offerti in ribasso (meno 4,1% dal 2002 ad oggi), costituendo solo il 14% del fatturato complessivo dei centri commerciali (Il Sole/24 Ore). Vuoi vedere che si bloccano altre possibili flessioni per poi autorizzare un aumento alla fine del periodo trimestrale?

La "sinistra radicale" a questo punto insorge (si fa per dire...) e lancia una campagna pubblicitaria per i prodotti del commercio equo e solidale nonché etico. C'è da scegliere fra cacao e farina di semi di carrube o fecola di kuzu, soda guarnito brasiliana al posto della Coca Cola. A volte si può spendere meno, "introducendo nel mercato elementi di competitività " e facendo così gioire di felicità persino un docente di Economia all'Università Tor Vergata di Roma, L. Becchetti (Corsera,18 settembre). A volte si può pure spendere di più, ma di fronte a "prodotti socialmente corretti" il consumatore non dovrebbe badare a spese. Magari in nome della militanza politica o per sentirsi più buoni. Quanto ai distributori, visto che "si possono fare affari anche in modo equo", nessuno più si tira indietro. Compresa la grande distribuzione, da Coop a Carrefour ed Esselunga. Vai a spiegare al professore che si tratta pur sempre di merci e che in quanto tali implicano che i contadini e i proletari vengano sfruttati e derubati, nel Sud come nel Nord del bel mondo capitalistico.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.