Sul dirottamento della nave francese

Con le sirene del riformismo non si respinge l'aggressione padronale

Il dirottamento di una nave ad opera dei suoi marinai e il successivo assalto delle "teste di cuoio" contro i lavoratori stessi, come se fossero pericolosi terroristi, non sono fatti usuali - almeno da parecchi anni a questa parte - e dimostrano quali livelli di esasperazione possano scatenare le politiche di aggressione contro la forza-lavoro portate avanti, indistintamente, dalle borghesie del mondo intero.

Ma la lotta di classe non sempre segue percorsi rettilinei, come testimonia questa vicenda ancora in corso.

Il dirottamento è stato compiuto da marinai dipendenti della SNCM e dirigenti del sindacato STC (Sindacato dei lavoratori corsi). La loro rivendicazione è stata essenzialmente nazionalista, basata su questo tipo di considerazioni: " Questa nave - Pascal Paoli, ndr - appartiene al popolo corso, è uno strumento di sviluppo della Corsica, dunque noi la riportiamo nell'isola". Detto questo, però, quell'azione si è svolta nel quadro del conflitto sociale in corso alla SNCM, vale a dire di lavoratori che si stanno battendo per difendere il loro posto di lavoro e il loro salario.

Infatti, la SNCM è una compagnia di navigazione pubblica (appartenente allo stato) che assicura i collegamenti con L'Africa del nord e la Corsica. Per i suoi collegamenti con la Corsica, riceve sovvenzioni statali e assicura il "servizio pubblico" diretto a limitare gli svantaggi dell'insularità. Come in tutte le imprese di trasporto in Francia, ci sono più conflitti sociali che in altri luoghi di lavoro (questo certamente è dovuto all'impossibilità di ricorrere al ricatto della delocalizzazione). Ora, la SNCM perde soldi (30 milioni di euro all'anno, dice) e il governo ha deciso di privatizzare e licenziare (o ridurre l'occupazione) 400 lavoratori su 2400 occupati. Da qui lo sciopero.

Il governo ha risposto con le manfrine tipiche della borghesia in queste occasioni: ha dichiarato che non può ricapitalizzare questa impresa di proprietà pubblica (è proibito dall'Europa, afferma), per cui, stando così le cose, vorrebbe venderla per 35 milioni di euro, ma si accollerà i debiti e il prezzo del piano sociale, ossia più di 100 milioni. Le navi (in ottimo stato, da quanto si vede dai moli) valgono 500 milioni. Un buon affare, dunque, per l'acquirente che è... amico personale del primo ministro de Villepin. Insomma, è una storia molto losca. Come quella che è accaduta qualche mese fa, allorché il STC ha indetto uno sciopero per l'assunzione dei lavoratori corsi (e non del continente). La direzione della SNCM aveva ceduto e questo aveva provocato la reazione della CGT (l'equivalente della CGIL, ndr) e dei lavoratori di Marsiglia. In ogni caso, oggi, nell'impresa "in difficoltà", non ci sono assunzioni, né dalla Corsica, né dal continente.

Su questa vicenda si sono ovviamente gettate a pesce le forze della sinistra radical-riformista e governativa, quella che, per intenderci, aveva fatto la campagna per il "NO" al referendum sulla costituzione europea.

Per esempio, lunedì 3 ottobre, a Marsiglia si è tenuta un'assemblea pubblica in una piazza vicino al porto: alla tribuna, pezzi grossi del PS, del PC, della LCR (Lega comunista rivoluzionaria, trotskysta), di LO (Lutte Ouvrière, trot-skysta pure quella, ma di un'altra parrocchia), un Verde, alcuni eletti locali e sindacalisti dei marittimi. La maggioranza del pubblico, circa 300 persone, era composta per lo più da militanti delle varie organizzazioni ed erano praticamente assenti i lavoratori del porto. Il più applaudito è stato l'esponente della LCR. Il recupero (o il tentativo di recupero) marcia alla grande: non è usuale, in Francia, far scendere da Parigi i grossi calibri della sinistra.

Ma il governo non sta con le mani in mano, dato che la metà dei ministri è scesa per negoziare coi sindacati le condizioni "di rilancio dell'azienda": sul tavolo della trattativa, la discussione da bottegai per sapere se lo stato debba conservare il 25%, il 33% o il 51% dell'impresa, da solo o con una "partner"; sullo sfondo, il ricatto della dichiarazione di fallimento dell'azienda.

Bisogna notare che i lavoratori del porto di Marsiglia ci hanno già abituati a lotte "dure", che vanno fino in fondo, e spesso sono stati rimproverati di mettere in pericolo le aziende, il porto e la città intera. Questo atteggiamento, "Lotto per difendere i miei interessi senza preoccuparmi di quelli del padrone", è per noi una ventata di aria fresca. Ma non bisogna dimenticare che non è accompagnato da nessuna crescita della coscienza di classe (si lotta per ottenere dei vantaggi per sé, non per la classe in generale) e che la CGT, il STC (di cui si dice in giro che il dirigente si richiama al "marxismo-leninismo-nazionalismo"!) hanno in mano il timone (è proprio il caso di dire). Detto in altri termini, quei lavoratori conserveranno, forse, il posto e lo stipendio, ma tali "vantaggi" non si trasmetteranno alle generazioni successive o agli altri lavoratori, e questo è un fenomeno molto diffuso in Francia (ma non solo, ndr): i lavoratori più anziani riescono a mantenere i loro "diritti" precedenti, i piani di prepensionamento, mentre i neoassunti, invece, sono precari, interinali, sottopagati.

Per concludere, ciò che accadrà ai lavoratori che si lasciano usare dai nazionalisti e dalle logiche sindacali sarà il licenziamento per alcuni e l'aggiunta di un buco supplementare nella cinghia per tutti.

dd

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.