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Recenti ricerche confermano ingenti risorse di gas e di oro nero
Ogni giorno riceviamo attraverso televisioni e giornali resoconti dettagliati sulla recrudescenza della violenza in Afghanistan, con tanto di conta delle vittime. Verrebbe da pensare che gli attenti scribacchini al soldo dei padroni stiano facendo in fondo un ottimo lavoro d’informazione. Eppure, caso strano, qualche notiziola sfugge alla loro attenzione.
Risale al marzo scorso la pubblicazione di nuove stime sulle riserve energetiche del paese. Lo studio, realizzato dalla US Geological Survey assieme al ministero afghano per le miniere e l’industria, mostra come l’Afghanistan potrebbe possedere sostanziose riserve di petrolio e gas, ben superiori a quanto stimato in precedenza.
Vediamo subito i numeri: secondo lo studio, le risorse non scoperte nell’Afghanistan del nord oscillerebbero da 3,6 a 36,5 mila miliardi di metri cubi di gas naturale, con una media di 15.7. Le stime per il petrolio oscillerebbero tra 0,4 e 3,6 miliardi di barili, con una media di 1,6. Le stime per il gas naturale liquido, infine, oscillerebbero tra 126 e 1325 milioni di barili, con una media di 562. I numeri, in assoluto, potrebbero aver poco valore per chi non mastica mineralogia tutti i giorni, ma per capirne l’importanza basta rilevare come queste stime rappresentino un incremento di 18 volte rispetto alle stime precedenti per le riserve potenziali di petrolio, e più di 3 volte per le riserve di gas.
La notizia viene riportata anche in un articolo (1) di Stephen Blank, professore dell’US Army War College. L’articolo è molto interessante e merita di essere letto, in quanto senza troppi giri di parole tira in ballo gli interessi economici che gravitano attorno all’area. Blank descrive la situazione generale dell’area centrasiatica come molto più favorevole agli interessi russi, soprattutto dopo gli eventi di Andijan, in Uzbekistan, del maggio 2005 (2). Però evidenzia come la situazione non sia ancora definitiva:
Con l’Afghanistan solidamente sotto la sfera statunitense, l’emergere dello stato come esportatore di energia potrebbe dare nuovo vigore agli sforzi americani per riguadagnare il terreno perduto nel confronto geopolitico con la Russia.
Ovviamente “l’Afghanistan solidamente sotto la sfera statunitense” dovrebbe intendersi come una dichiarazione d’intenti più che una constatazione. In seguito il professore cita i progetti alternativi di pipeline energetiche, di cui più volte abbiamo parlato nelle pagine di questo giornale: la prima pipeline collegherebbe Iran, Pakistan e India (IPI), mentre la seconda si estenderebbe dal Turkmenistan all’Afghanistan, per raggiungere l’Oceano Indiano attraverso il Pakistan (TAP), e quindi arrivare sempre all’India. Ovviamente gli Stati Uniti, che intendono ostacolare in tutti i modi le aspirazioni iraniane, si oppongono alla pipeline IPI a favore della TAP. La Russia, al contrario, sostiene il progetto IPI, e la Gazprom si è direttamente impegnata alla sua realizzazione.
Blank cita in seguito anche gli altalenanti rapporti tra Russia e Turkmenistan (in seguito alla pubblicazione dei nuovi dati sull’Afghanistan, il Turkmenistan avrebbe preteso un drastico aumento di prezzo per l’esportazione del proprio gas verso la Russia), oltre a quelli tra Iran, Pakistan e India, ossia tutti i paesi coinvolti nel progetto IPI. Anche di queste vicende Battaglia Comunista si è più volte occupata.
Quale rilevanza per gli equilibri regionali hanno invece i nuovi dati? Prima di tutto vale la pena osservare come l’attendibilità di questo tipo di analisi sia sempre piuttosto discutibile: il numero degli scenari ipotizzabili a seguito dello studio è troppo ampio e vario, essendoci tra la stima più ottimistica e quella più pessimistica un intero ordine di grandezza. Inoltre stime di questo tipo si sono rivelate spesso, in passato, manipolate ad arte per spostare ingenti investimenti da un capo all’altro del pianeta, muovere truppe e armamenti, dare un corso diverso agli eventi con ricadute a livello internazionale.
A parte il loro fondamento, la pubblicazione di questi dati ha quindi un valore intrinseco, che certamente influenzerà pesantemente la situazione nella zona. Il nuovo vigore della guerriglia talebana potrebbe essere solo il primo effetto. Dobbiamo concordare con il professor Blank:
Gli scenari aperti dalle nuove scoperte energetiche non solo alzano la posta in gioco nella battaglia delle pipeline, ma hanno anche implicazioni che vanno ben oltre l’Afghanistan, per arrivare fino al cuore dell’Asia Centrale.
Un’ultima nota: alla fine di settembre Karzai e Musharraf (presidenti rispettivamente di Afghanistan e Pakistan), con il loro codazzo di politicanti e affaristi, sono stati ospiti di Bush, a Washinghton, e pare che l’incontro fra i primi due non sia stato per nulla cordiale. Dobbiamo davvero credere, come ci volevano fare intendere telegiornali e stampa, che avessero litigato soltanto perché si ritenevano reciprocamente responsabili della mancata cattura di un fantasma qual è ormai, con tutta evidenza, Bin Laden? Inoltre, pare che Musharraf non sia stato tenero neppure nei confronti della politica estera di Bush per cui appare molto più probabile che la trasversalità degli interessi in campo stia determinando pesanti contrasti anche nell’ambito di alleanze che finora erano apparse molto salde.
Mic(1) Disponibile su eurasianet.org .
(2) Vedi BC 6/2005.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #11
Novembre 2006
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