Reagiamo all’attacco frontale contro i lavoratori della scuola!

Volantino per la manifestazione nazionale dei precari della scuola a Roma, 2009-10-03

L’anno scolastico si è aperto con una serie di proteste diffuse su tutta la penisola: il personale della scuola - in primo luogo quello precario - è sul piede di guerra, e ne ha tutte le ragioni. La legge “Gelmini/Tremonti” comporta una riduzione immediata di circa 40 mila cattedre e il taglio di 15 mila posti per il personale non docente, senza contare i tagli dei prossimi anni. Un vero e proprio attacco frontale contro i lavoratori della scuola e, di conseguenza, contro tutto il sistema della cosiddetta “istruzione pubblica”.

Naturalmente la scuola in questa società di “pubblico” non ha niente, se non il fatto che viene finanziata con le tasse prese dalle buste paga dei proletari; ma i suoi contenuti e la sua forma sono sempre improntati alle necessità della classe dominante. Ora, tuttavia, con la riduzione del numero di ore e degli insegnanti, con l’aumento degli studenti per classe, ecc., anche le conoscenze di base che uno studente proletario poteva acquisire per poter sviluppare - almeno fino ad un certo punto - le sue capacità, vengono ridotte. D’altra parte, gli strumenti informatici forniscono procedure guidate, “a prova di stupido”; di manodopera qualificata, se ne farà spesso a meno. Questa tendenza del capitalismo mondiale trova un terreno particolarmente fertile in quello italico, che accentua il ricorso alla compressione dei salari e all’allungamento della giornata lavorativa per compensare il ritardo tecnologico.

Gli studenti aumentano, il carico didattico potenzialmente pure, anche perché le classi diventano multietniche e sarebbe necessario dedicare più risorse agli insegnanti... e invece no. Le prospettive per i licenziati? La disoccupazione, il lavoro nero oppure il lavoro sottopagato e persino servile nelle scuole private, “coccolate” da tutti i governi. È da anni che, mentre i finanziamenti alla scuola statale vengono ridotti, quelli alle scuole private - cattoliche prima di tutto - continuano a crescere.

Quindi l’istruzione diventa sempre più privata, sempre più “libera” di adattarsi alle “regole del mercato”: salari ridotti, se non annullati (“o lavori gratis, o niente” - solo così, un giorno, c’è la possibilità di accumulare qualche punto in graduatoria...), chiamate a piacimento dei dirigenti, niente malattie, niente maternità... Adesso, poi, la “creativa” ministra (o chi per lei) si è inventata i cosiddetti “contratti di disponibilità”, cioè una specie di caporalato: se vuoi un’integrazione al sussidio di disoccupazione, devi essere disponibile a lavorare a qualunque condizione.

Bene fanno gli insegnanti e i lavoratori della scuola ad inscenare proteste dure, radicali. “Facciamo come alla Innse” si sente spesso ripetere. La strada può essere quella giusta. Purché non si riconosca più alcuna fiducia agli industriali, ai politicanti di destra o di sinistra, ai funzionari sindacali e ai parolai di turno: tutti variamente responsabili di questa drammatica situazione, o, benché vada, spacciatori di illusioni.

Solo l’unità dei lavoratori, la solidarietà e il coordinamento tra le varie lotte, in posti e settori diversi, può cominciare a creare le condizioni per contrastare seriamente l’attacco in corso. Solo la forza della classe lavoratrice, unita e determinata, può fermare questo sistema che rotola nella sua stessa crisi ed è incapace di uscirne, se non a costo di sacrifici immani, che si vorrebbe scaricare sulla nostra pelle. Solo l’organizzazione politica rivoluzionaria può convogliare le spinte diverse provenienti dalla classe verso il superamento di questo disumano sistema sociale.

È tempo di lottare!

I lavoratori della scuola di Battaglia Comunista
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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.