Dietro lo scontro Fini-Berlusconi, le divisioni della borghesia

Lo scontro interborghese tra le diverse fazioni della classe dominante è arrivato a un altro atto della sua messa in scena. Inevitabilmente questo scontro si trasforma in scontro tra i poteri dello Stato e rispettivi "partigiani", e chi guarda dall'altra parte dello schermo si riduce a tifare per l'una o per l'altra parte in lotta: certo, parti diverse tra loro, ma riconducibili tutte a strumenti che la stessa classe padronale - pur litigiosissima al suo interno - usa per tenere i proletari sotto il suo dominio, gettando loro fumo negli occhi. Nel caso del Belpaese, tutto ciò si concretizza in uno scontro tra tifosi del parlamento e del potere giudiziario, spesso sotto attacco di un presidente del Consiglio che strumentalmente, temendone l'azione che gli si rivolgerebbe contro, lo attacca perché vorrebbe ridurne al minimo l'incisività, e i tifosi dell'esecutivo e delle forze politiche che ne occupano le poltrone. Da qualche tempo assistevamo a una serie di "bisticci" tra Fini e Berlusconi. Il primo, dal suo scranno di presidente della Camera, si ergeva a garante del funzionamento democratico e trasparente della cosa pubblica, a entità super partes che anzi, su molti punti arrivava a dissentire col suo capo, soprattutto riguardo all'alleanza con la Lega, riscuotendo le simpatie di non pochi a sinistra. Il secondo rispondeva ai sospetti di rottura dicendo che tutto andava bene, come ogni coppia che vuole salvare le apparenze anche quando tutto si sta sfasciando. La rottura si è consumata tra gli schiamazzi durante la direzione nazionale del PdL: l'ex AN rimproverava al suo presidente di essersi messo al traino della Lega al Nord e di non accettare il dissenso all'interno del partito. L'altro rispondeva con l'accusa al primo di volere "fare politica" occupando un ruolo istituzionale, come se lui non facesse altrettanto, e con l'intimazione all'altro di abbandonare la carica se le intenzioni fossero effettivamente quelle dell'accusa.

Quello che invece a noi preme sottolineare è come questi episodi non facciano altro che creare confusione: finché si crede superata la prospettiva di un cambiamento sociale con la C maiuscola (la C di Comunismo) e quindi si crede ineluttabile lo stato di cose presente, ci si getta tra le braccia del "meglio" o del "meno peggio", o più che altro di ciò che si crede tale. L'antiberlusconismo, spesso mosso da un naturale e normalissimo disgusto verso le nefandezze dell'inquilino di Arcore, è diventato il tratto distintivo per eccellenza dell'eterogeneo "popolo di sinistra": il rischio, come per tutti gli "anti-qualcosa" che attaccano, attaccano, senza proporre niente di veramente alternativo, è trascinare tanti lavoratori su un terreno pericoloso, appunto di "tifo", per una parte (fosse anche la parte migliore, ciò che non è) della borghesia. E quindi trascinarla nelle urne elettorali, a votare per l'uno o per l'altro. Per fortuna che già in tanti cominciano a distaccarsi da queste pratiche "democratiche"....

Se Berlusconi riesce a farsi scavalcare a sinistra da Fini, le cose sono due: o Fini è maledettamente di sinistra (ma di sinistra in che modo? come il PD?) o Berlusconi è maledettamente a destra, cosa sicuramente più probabile. Ciò che sicuramente non fa di Fini un compagno. In ogni caso, scavalcare Berlusconi, abbracciando posizioni più moderate delle sue, non è impresa ardua per un politicante borghese. In primis basta difendere la costituzione dai suoi tentativi di revisione, o la magistratura dai suoi attacchi, e già risulti simpatico a sinistra: anzi, quasi quasi risulti "di sinistra". Quello che in realtà preoccupa Fini, con lo spostamento a Nord dell'asse politico, sono eventuali politiche "settentrionaliste" che tolgano consenso al Sud a un PdL troppo succube di Bossi. Ma forse c'è qualcosa di più. Più che ad assumere la leadership del Popolo delle Libertà, Fini mira a costruire il grande Centro, guardando a forze come l’Udc e staccandosi sempre di più dal cordone ombelicale di Berlusconi; di conseguenza diventa inevitabilmente un interlocutore privilegiato soprattutto per il PD, alcuni esponenti di spicco del quale hanno alle spalle già qualche anno di collaborazione con lui sul terreno delle riforme, come Massimo D'alema con cui da tempo lavora insieme in una Fondazione. Il primo passo verso lo sganciamento di questo cordone ombelicale è stato fatto con la nascita dei circoli finiani di Generazione Italia. Dunque, Fini, probabilmente, vuole porsi come punto di riferimento politico di quella parte di Confindustria - e dei “Poteri Forti” - che a Parma, riunitasi a congresso, ha più volte bacchettato Berlusconi con inviti a smetterla con le promesse e ad essere affidabile soprattutto sui tempi, specie quelli dell'abbassamento delle tasse per gli imprenditori. La parte per intenderci, dei Marcegaglia e dei Montezemolo, il quale (cioè la FIAT), per altro non ha mai gradito la presenza ingombrante del Berlusca, al di là delle formalità di facciata.

Di fronte a tanto attivismo del presidente della Camera, se fossimo dei democratici, se volessimo anche noi agire "dentro le istituzioni", se vedessimo in Silvio il male assoluto e in tutti gli altri l'arcangelo Gabriele, se credessimo alla favola del riformismo, nemmeno tanto radicale, e sulla concordia e la pacificazione tra le classi, proveremmo simpatia verso il moderato Gianfranco. Se fossimo poi democratici nel senso del PD, ovvio che Fini ci starebbe più simpatico che mai, perchè vedremmo qualsiasi spaccatura nella maggioranza come un preludio di cadute di governo ed elezioni anticipate. Ma siamo comunisti, e in più il trasformismo non ci è mai piaciuto. Nonostante i viaggi in Israele e i riferimenti all'antifascismo come valore davanti a nauseate platee di nostalgici, Fini, pur essendo oggi distante dal suo passato in camicia nera, è sempre lo stesso che, ad esempio, tra le altre cose, non ha mai fatto ammenda rispetto al suo ruolo in cabina di regia a Genova con Polizia e Carabinieri nelle giornate del G8, e che se oggi riscuote applausi a sinistra è perché pare unirsi a quella fazione della borghesia con cui la sinistra si identifica al meglio. La stessa che al congresso di Parma di Confindustria non ha lesinato qualche applauso anche a Bersani.

IB, 2010-05-09

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.