Tor Sapienza: guerriglia tra poveri e strumenti del capitalismo

È scontro tra italiani e immigrati a Tor Sapienza, lotta tra poveri.

Riecheggia la moltitudine degli slogan utilizzati dai gruppi di estrema destra che, sempre, in queste vicende trovano la loro massima e più bieca espressione. Assistiamo alla tipica visione limitata, tesa a strumentalizzare la contrapposizione tra residente e straniero, scontro reso possibile dall'assenza totale di una risposta realmente politica e realmente di classe sul territorio. Ma andiamo con ordine.

Tor Sapienza è una delle molte realtà che circondano Roma, a ridosso del GRA, un quartiere con circa 26.000 abitanti, una delle tante zone popolari ideali per fomentare manifestazioni dirette di guerriglia tra sfruttati. Nel 2000 nasce la cooperativa "Un Sorriso" che, in Via Morandi 153, apre e gestisce un centro di accoglienza per minori in cui vengono ospitate diverse famiglie di stranieri sfuggite a situazioni di guerra e povertà. Gradualmente nel quartiere si creano liti, dissidi e una netta contrapposizione tra persone del posto e ospiti del centro. La violenza esplode tuttavia nella notte dell'11 Novembre 2014: una cinquantina di persone assaltano il centro creando una vera e propria situazione di guerriglia urbana, con tanto di lancio di sassi e bombe carta.

L'attacco si scopre poi essere un'azione organizzata e pianificata, rivendicata come risposta ad una situazione di tensione che, a detta dei residenti, non lasciava alternativa possibile se non quella dello scontro. Ed è proprio questa tensione ad essere sfruttata: da un lato i gruppi pseudo-politici di estrema destra che, da sempre, hanno fatto delle differenze etniche il perno fondamentale attorno al quale ruotano le loro concezioni, dall'altro il riformismo borghese, che difende posizioni finalizzate esclusivamente alla conservazione dell'attuale stato di cose. Diventa praticamente inutile citare il tristissimo carrozzone formato da Casa Pound, veri e propri strumenti meccanici per la creazione di conflitti di questo genere, seguiti dalla Lega, che tenta di racimolare fino all'ultima briciola prodotta dal disorientamento della classe sottomessa.

Ridicole poi le risposte del riformismo più bieco che, sotto la maschera della "tolleranza" e del "reciproco aiuto", nasconde il vero volto del modello inumano che risponde al nome di capitalismo. Ed è proprio così che si ricade nuovamente nel patetico teatrino che si viene a ripresentare ormai quasi quotidianamente su questioni di questo tipo: da un lato proposte basate sull'odio ed il razzismo, sempre-verde strumento capitalistico per dividere gli sfruttati, dall'altro proposte basate sulla "tolleranza" e "l'aiuto reciproco"... anch'esse strumenti della conservazione capitalistica!

Aderire alla prima opzione equivale a stimolare la divisione tra poveri, lo scontro tra sfruttati, uno dei migliori modi per confondere, disperdere e scompattare la classe, contribuendo a distogliere l'attenzione dai veri obbiettivi, dai reali interessi del proletariato.

Ma allora quali sono questi reali interessi di classe? La prospettiva di una società ancora fondata sullo sfruttamento ma mascherata di un buonismo falso e ipocrita, come propinato dalla compagine capitalistico-borghese? L'accettazione passiva di una condizione di sottomissione? Nulla di tutto questo.

La vera risposta è nell'unione di tutti gli elementi della classe sfruttata, per un ribaltamento totale delle condizioni storiche attuali, attraverso una messa in discussione del sistema economico, politico, sociale e ideologico, oltre le divisioni, oltre le rivendicazioni immediate, oltre le promesse che tengono in vita un sistema entrato in contraddizione.

Non ci si può accontentare di slogan che si reggono esclusivamente su un ipotetico miglioramento delle condizioni di vita all'interno della società dello sfruttamento, quando è lo sfruttamento stesso a dover essere messo in discussione!

Solo ponendosi in un'ottica realmente politica, realmente di classe, che miri all'abbattimento ed al superamento del capitalismo si può uscire dalle logiche schiaccianti che riportano sempre al sistema inumano ed inaccettabile che è quello attuale.

E' proprio per questo che fatti come quelli di Tor Sapienza vanno messi in luce e svelati per quello che sono, ovvero l'ennesimo strumento di repressione e divisione del proletariato finalizzato all'abbattimento di ogni pretesa rivoluzionaria da parte di quest'ultimo. D'altra parte, per i movimenti di destra, è facile indicare – vigliaccamente – nel bersaglio “più debole” e indifeso il nemico, coprendo e volgendo così a vantaggio del sistema dello sfruttamento l'incapacità proletaria di rivolgere la propria rabbia contro i veri responsabili della barbarie che viviamo: la classe dominante, i padroni, la borghesia e i loro servi. Chi trae vantaggio, ai fini del profitto e dello sfruttamento, dalla condizione di miseria e povertà di immigrati e italiani a Tor Sapienza? Chi ha realizzato progettazioni urbanistiche degradanti per garantire i propri affari? Chi si avvantaggia delle guerre tra poveri? Chi ci condanna ad una vita di miserie? La risposta è una, sempre e solo una: la classe dominante!

Per questi motivi l'internazionalismo deve diventare il carattere fondamentale delle lotte, gli sfruttati – come i padroni – sono uguali in tutto il mondo, e gli interessi dei proletari sono internazionali, mondiali e non esclusivamente nazionali, locali ed opportunistici. Ed è proprio per questo, e più che mai in questo contesto, che vale il motto "Proletari di tutto il mondo, unitevi!", nella lotta di classe, attraverso l'Internazionalismo, per la Rivoluzione!

SZ

A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che "ogni straniero è nemico". Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo.

P. Levi, Se questo è un uomo, 1947
Martedì, December 2, 2014