Il filo nero tra Tor Sapienza e Mafia Capitale

Non si erano ancora spenti gli echi di Tor Sapienza, dove un manipolo di elementi delle destre "sociali" romane aveva fomentato gli animi giustamente esasperati degli abitanti del quartiere (esasperati per l'incuria e l'abbandono generale cui sono sottoposti da decenni), usandoli come leva per i loro fini politici e riuscendo a far spostare altrove i rifugiati ospitati dalla cooperativa "Un Sorriso", che ecco scoppiare a Roma lo scandalo "mafia nera", il più grande dai tempi di Tangentopoli. O dai tempi della Banda della Magliana. Ma cosa c'entra Tor Sapienza con tutto questo? Procediamo con ordine.

Questi i fatti: dopo anni di indagini, intercettazioni e appostamenti, le forze dell'ordine riescono "finalmente" (le virgolette dovrebbero occupare mezzo rigo) a incastrare decine di appartenenti a quella che viene subito denominata dai telegiornali la "mafia nera": un coacervo di personaggi di ogni genere impegnati, con vari ruoli, a fare affari di ogni genere, dove però la torta più succulenta da spartirsi si giocava sulla pelle degli immigrati. Il tutto ovviamente con l'avallo di buona parte dei governanti romani e laziali, Alemanno in primis. Insomma, nel giro di pochi giorni, Roma si scopre mafiosa, in mano a una mafia "autoctona" (fino a un certo punto, perché sono saltati fuori anche legami con la 'ndrangheta) dove la facevano da padrone alcuni vecchi arnesi dei Nar e della Banda della Magliana, tra cui spicca il nome del Cecato: Massimo Carminati. Un nome mai sparito dalle bocche dei politicanti e dei criminali, e che ora torna alla ribalta con tutta la sua forza.

Massimo Carminati non ha bisogno di presentazioni, e non staremo certo qui a elencarne le "gesta", prima come terrorista dei Nar e killer al soldo della Banda e dei servizi segreti, poi, passata la tempesta giudiziaria di quegli anni e uscito incredibilmente indenne da numerosi processi e indagini, come imprenditore e affarista romano (suoi e della moglie sono alcuni negozi di abbigliamento a Roma, mentre il figlio gestisce alcuni campi di paintball sempre nella Capitale). Vogliamo invece evidenziare il suo ruolo all'interno di questa mafia romana, un ruolo preponderante, di leader. Pari solo a quello di Salvatore Buzzi, vero e proprio anello di congiunzione fra quello che Carminati chiama il "Mondo di Mezzo" e i politicanti. Iscritto al PD, Buzzi aveva da anni in pugno il sistema delle cooperative sociali, grazie alla sua potentissima "29 giugno". E sapeva bene come far girare i soldi.

Se vogliamo andare ancora più indietro, tra le radici di questo groviglio fetente c'è la privatizzazione, cioè la predazione, dello "stato sociale" (salario indiretto e differito, tasse succhiate al proletariato), che avrebbe dovuto, secondo la propaganda borghese, rendere più efficienti i servizi sociali. Al contrario, com'era facile prevedere, le privatizzazioni non sono state e non sono altro che un sistema, condiviso e attuato da tutti i partiti borghesi (dal PD a Forza Italia, passando per la Lega Nord e la destra in generale), per saccheggiare ancora più spudoratamente, se così si può dire, le già misere risorse della classe proletaria, a tutto vantaggio di profittatori e pescecani, pullullanti nell'ambiente politico-affaristico della borghesia. Non che prima, quando i servizi sociali erano gestiti direttamente per lo più dallo Stato, le cose fossero molto diverse (i "magna-magna" delle cosiddetta prima republica erano "leggendari"), ma con le privatizzazioni c'è stata un'ulteriore accelerazione.

L'identità politica di chi faceva, e continuerà molto probabilmente a fare, ottimi affari sulla pelle degli immigrati, degli strati più miseri del proletariato e del sottoproletariato urbano romano, è dunque trasversale. Nero è il pedigree di Carminati, neri sono quelli che si occupavano di fare "recupero crediti" per conto del gruppo (come Matteo Calvio, lo "spezzapollici" che diceva di essere del M5S), neri sono in generale i metodi utilizzati e la connotazione politica di chi si occupava degli affari sporchi, molto simile a quella della Banda della Magliana con la quale Carminati ebbe grossi legami. Ma i volti "buoni" sono legati al PD, alle cooperative sociali, alla rete di aiuto e supporto agli immigrati e ai rifugiati. Un sodalizio anomalo fra due apparenti opposti, e tuttavia molto solido perché fondato su una sola cosa: sul denaro. E su un'amicizia nata molti anni prima e consolidatasi probabilmente in carcere, visto che Carminati, Buzzi e Alemanno erano tutti e tre a Rebibbia nel 1982.

Ma torniamo alla "29 giugno". Il denaro e il controllo sugli immigrati che questa realtà sociale ha ottenuto negli ultimi anni, sembrava non bastare mai. Non si fermava di fronte a nulla pur di levare di torno la concorrenza "sgradita" che non osava cedere terreno all'avanzare dei suoi metodi mafiosi. Ed ecco che ci stiamo avvicinando alla domanda iniziale: qual è il punto di raccordo tra Carminati, Buzzi e la cooperativa "Un Sorriso" vittima dell'assalto fascio-razzista di qualche settimana fa a Tor Sapienza? La vicenda, che si trascinava da diverso tempo, si può riassumere come segue: nel 2006, con ancora Veltroni sindaco, Sandro Coltellacci (presidente della "Impegno per la Promozione", cooperativa anch'essa facente parte galassia "29 giugno") arriva nei locali della "Un Sorriso" a Viale Castrense e a brutto muso intima alla presidentessa Gabriella Errico di togliersi di mezzo una volta per tutte e cedere i locali, e anche alla svelta. Era infatti dall'anno prima che la "29 giugno" aveva messo gli occhi su quella sede. Oltretutto le viene intimato di chiudere coi bandi, di non partecipare alle gare, di scordarsi gli appalti. In una parola, di sparire. Ma lei non cede, tiene duro e questo Coltellacci non se l'aspetta. A questo primo "scontro" vero e proprio seguono perciò anni di battaglie legali, lotte per ottenere i bandi e minacce più o meno velate (scende in campo persino Maurizio Lattarulo, alias Provolino, altro ex Nar amico di Carminati e legato alla Banda), il tutto fino ai fatti di qualche settimana fa. Fino all'assalto preparato a tavolino da Carminati e da tutto il sottobosco fascista romano, sotto la direzione di Buzzi e Coltellacci. Insomma, fino a una messinscena spacciata per rivolta popolare.

Se c'è una cosa che risalta, in tutta questa storia, è la grande (ma apparente) contraddizione delle destre, sulla quale ci vogliamo soffermare: da un lato il suo rivolgersi alla pancia delle persone dimostrando di contrastare gli immigrati, di volerli riportare nel loro paese, perché qui non c'è lavoro per tutti. L'Italia agli italiani, il solito refrain. Dall'altro, il trovarsi a gestire il piatto più importante: quello degli affari. Pecunia non olet, e davanti alla possibilità di fare più soldi che col traffico di droga, neanche gli immigrati cattivi puzzano più. Anzi, sono una manna. Una miniera d'oro da scavare a fondo, aprendo ogni canale possibile per farne arrivare sempre di più a Roma e guadagnare così somme immense grazie agli appalti e scendendo a patti con personaggi del fronte opposto, in questo caso del PD. Si parla di decine e decine di milioni di euro, di fronte ai quali vale la pena accantonare ogni ideale politico. Ma solo dietro le quinte, perché di fronte alle telecamere bisogna sempre farsi vedere risoluti contro gli immigrati, affermandosi politicamente sul territorio come avvenuto a Tor Sapienza (e cogliere così due piccioni con una fava).

Quanto avvenuto alla "Un Sorriso" arriva dunque da molto lontano, e il fatto che questa mafia sia stata scoperchiata è sintomo del fatto che ormai la coperta è troppo corta, le casse romane e regionali sono state spolpate e non c'è più nulla da prendere. La crisi sta avanzando giorno dopo giorno ed è ora di potare i rami secchi. Ora però non aspettiamoci che ora le cose per noi sfruttati migliorino, perché sappiamo bene che non è arrestando qualche "criminale" che si risolve il nostro problema. La borghesia "onesta" continuerà a fare i propri affari sulla nostra pelle, mostrando i muscoli qua e là per farci stare buoni e darci in pasto nuovi cattivi da odiare. Non lasciamoci ingannare: il nostro problema, di noi proletari e sottoproletari, si può risolvere solo comprendendo le motivazioni reali di questa crisi che ha fatto crollare anche l'impero di Carminati e di Buzzi. Solo ribaltando il sistema, sradicando l'albero dalle radici. Solo con un programma comunista e un'organizzazione politica decisa ad attuarlo: il partito rivoluzionario.

MR
Mercoledì, December 10, 2014