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Home ›Il massimo danno col minimo sforzo
L'impostazione ideologica delle forze di polizia, mai organismo neutrale e al di sopra delle parti né tanto meno ente a tutela del cittadino, ma longa manus del padronato nel conflitto sociale, non è un mistero. Al di là del giuramento di facciata alla Repubblica Italiana e alle sue istituzioni, una larga parte di aderenti alle FdO condivide in tutto e per tutto l'ideologia fascista, con tanto di celtiche nelle caserme e nelle questure in bella mostra. Ideologia che a volte le fa apparire, a torto ma non del tutto, come un corpo estraneo nel seno del “democratico” Stato italiano, o meglio come un ricettacolo di tentazioni golpiste che travolgendo i suoi stessi datori di lavoro, chieda un giorno loro il conto. In nome di quella domanda di ordine a loro dire troppo a lungo disattesa da quello stesso Stato di cui sono i cani da guardia. È la logica del “se avessimo carta bianca...”, “se lasciassero fare a noi...” caratteristica del malcontento di un qualsiasi uomo d'ordine frustrato nelle sue aspettative “tradite” dai “politici”. Spesso dunque, tra il poliziotto e lo Stato non corre buon sangue, con il secondo sotto accusa causa la sua scarsa preoccupazione per i suoi fedeli servi e la (presunta) eccessiva indulgenza giuridica per chi ne minaccerebbe le fondamenta.
Il SAP – sindacato di polizia – è passato agli onori della cronaca quando i responsabili della morte di Federico Aldrovandi sono stati accolti da applausi nell'aula dove si teneva il processo proprio dai membri di questo sindacato. Lo stesso che ora – di fronte a un conflitto di piazza, che, a parte qualche fiammella, non si può lontanamente paragonare a quegli anni, da alcuni di piombo, che avevano prodotto la Legge Reale – chiede al Ministero degli Interni adeguamenti legislativi (e pratici) che non hanno nulla da invidiare a uno stato fascista. Da un lato si vorrebbe una piazza inerme con pene più severe per chi indossa un casco per non farsi spaccare la testa da loro, o l'istituzione di misure come il Daspo per decapitarne la rabbia in termini numerici. Dall'altro si fa una lista della spesa delle richieste di adeguamenti di un equipaggiamento dal sindacato ritenuto obsoleto; lo stesso equipaggiamento che in parte ha visto a Genova nel 2001 il suo battesimo del fuoco. All'epoca i tonfa (manganelli) erano fuori ordinanza, altrimenti non sarebbe montata tutta una polemica sul loro utilizzo, spesso improprio come impugnatura. Ora se ne chiede a gran voce l'autorizzazione “a procedere”, come già avviene in Germania da anni. L'identificazione dei manifestanti verrebbe facilitata dall'uso dei nuovi fucili marcatori che sparerebbero palline caricate a vernice. Un passo in più in avanti che integra il massiccio uso di telecamere già in corso da anni.
Per tenere a bada le punte più avanzate basterebbero i lacrimogeni CS, allo scopo di creare una distanza di sicurezza tra se (polizia) e i manifestanti. CS che detto tra parentesi, sono gas dagli effetti devastanti su occhi, mucose, bronchi e polmoni, vietati da convenzioni internazionali nei conflitti armati, ma consentiti per ragioni di ordine pubblico. Gli stessi con cui gli americani stanavano i Vietcong nella giungla. Troppo poco. Tra le proposte avanzate c'è quella dei proiettili di gomma. Quando te ne becchi uno addosso, difficile che torni la seconda volta, specie quando oltre che un livido su un braccio o su una gamba rischi magari di perdere un occhio: questo è il presupposto con cui ragionano.
Le uniformi dovrebbero essere riadattate in modo da parare i colpi, e non si capisce di che altri adattamenti hanno bisogno in quanto giá da anni si fatica a distinguere la differenza tra uno del VII Nucleo e Robocop. Gli scudi in plexiglas sono poca roba, andrebbero sostituiti con quelli in Kevlar, molto più resistenti. Le fondine dovrebbero essere antifurto per evitare delle spiacevoli sorprese. Si fa davvero fatica a trovare un solo caso di furto di pistola nei cortei degli ultimi 30 anni ma in un ottica difensiva “ci sta” (assumendo il “loro” punto di vista). Quello che ci sta un po' meno è ad esempio il rifiuto delle numerose proposte di istituire il codice identificativo sui caschi di PS e CC. L'omertà con cui le malefatte di uomini in divisa vengono coperte e insabbiate da altri uomini in divisa non ha mai trovato grossi ostacoli giuridici. Con questa precisazione si vuole una volta di più prevenire e rispedire al mittente qualsiasi tentativo di mettere un freno agli innumerevoli abusi di cui la sbirraglia si rende protagonista nelle situazioni calde. Se si fosse per assurdo applicato questo criterio con i responsabili di quel massacro “messicano”, dopo il 20/21 luglio 2001 di caserme di Bolzaneto se ne riempivano due, fino a scoppiare. Ma si sa, lo stato borghese non divora i suoi figli "migliori". Non si sa se queste richieste verranno accolte, in quanto quando ci si mette di mezzo il bilancio i tagli li subiscono un po' tutti gli statali. Ma abbiamo come il dubbio che per queste cose i soldi si trovino sempre, un po' come per i cacciabombardieri F35.
Non siamo in presenza di uno scontro sociale montante, ma già da diverso tempo gli apparati statali fanno opera di repressione preventiva. Gli ultimi ordinamenti in merito risalgono al governo Maroni, ma c'è ragione di temere un'ulteriore militarizzazione della società. Anche in presenza di quella fetta di popolazione che cade nel tranello della guerra tra poveri e reclama un giro di vite securitario, la quale, ad oggi, è una fetta consistente. Il tutto in assenza di quel soggetto sociale, il proletariato, l'unico davvero capace di dare un senso a preoccupazioni che un senso ora non lo hanno, quelle dei tutori dell'ordine di cui tutto si può dire fuorché che sono indifesi o inermi. E a farne le spese con lividi e bernoccoli sono i facchini della logistica, sono i precari, sono i senza casa che subiscono sgomberi su sgomberi, sono gli studenti. È cosa fin troppo facile vincere ad armi impari , ma questo è il palese tentativo di armarsi ulteriormente fino ai denti di fronte a un avversario con le mani legate sia giuridicamente che militarmente. Il che, tradotto in termini pratici, significa: sparare sulla Croce Rossa. È ora che la classe proletaria si svegli e che faccia sudare un po' la pagnotta anche a loro. Ma non in nome dello scontro per lo scontro, bensì in nome della difesa intransigente dei propri interessi nel presente, costi quel che costi, e in una prospettiva futura di offensiva di classe. La quale oggi sembra lontana, ma che sarà lontanissima per non dire impossibile se non si comincia a lavorare per crearne le premesse, e cioè alzando la testa e riprendendo a lottare.
IBBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #11-12
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