Il punto sulla situazione interna

Le nuove direttive proposte dal C.E. vengono convalidate anche dal manovrato Convegno Nazionale del 6 gennaio 1951. In una nota pubblicata sul giornale appare per 1a prima volta l'accenno ufficiale a "talune divergenze" presenti nel Partito unitamente a un vago accenno polemico nei riguardi del lavoro svolto al Congresso di Firenze, "ove, indipendentemente dall'elaborato e scarsamente digerito corpo di tesi, ci si è trovati di fronte ad improvvise ed imprevedute prese di posizioni" (Battaglia comunista n. 2 - 1951).

Nella vaga prospettiva di "un sereno sviluppo dell'opera di chiarificazione interna", l'indirizzo pratico del Partito, nelle intenzioni del rielaborato C.E., può cosi riassumersi: sabotaggio degli organismi sindacali "sempre più soggetti a diserzioni di massa"; non partecipazione alle azioni di sciopero e disinteresse alle lotte operaie di carattere rivendicativo immediato; inutilità ed abbandono di ogni lavoro di penetrazione politica nelle fabbriche. Si arriva cosi al famoso “esperimento tattico” di Asti, quando due compagni si astengono dalla partecipazione ad uno sciopero "per la pace" e con nove simpatizzanti proseguono il lavoro in fabbrica. Sulle pagine di "Battaglia" (n. 3 febbraio 1951) si esalta l'episodio di "crumiraggio" quale esempio per “agire contro tutte le deliberazioni controrivoluzionarie emanate da P.C.I. e C.G.I.L., non importa se si camuffano di rivendicazioni economiche oggi o pacifiste domani”.

Nel marzo del 1951 i compagni Bottaioli, Stefanini, Lecci e Damen, in una lettera al C.E. fanno il punto della situazione interna del Partito e ammoniscono il Centro perché abbandoni una politica di tendenze che provoca divisioni e paralisi, e crei invece le condizioni per il ritorno ad una politica unitaria.

Al Comitato Esecutivo

Si stanno susseguendo sulla stampa del partito formulazioni teoriche, indicazioni politiche e giustificazioni pratiche che precisano la determinazione del C.E. di fare dei quadri del partito, organizzativamente malsicuri e politicamente impreparati, una specie di cavia per esperimenti di dilettantismo politico che nulla hanno a che vedere con la politica d'una avanguardia rivoluzionaria che si richiama al marxismo, e in nessun modo si legano alle decisioni, unanimemente accettate, del congresso del partito.

Si è sostenuto e si continua a sostenere l'abbandono degli organismi sindacali perché diretti e manovrati dallo stalinismo, senza tener conto se storicamente esistono le condizioni materiali e psicologiche per procedere ora alla creazione di nuovi organismi; si è teorizzato lo sciopero contro lo stalinismo, accanto alla esaltazione del sabotaggio dello sciopero spostando così la tattica del partito di classe sul piano astratto della polemica di partito; si è ostentato l'abbandono del lavoro per la riattivazione dei gruppi di fabbrica sotto il pretesto teorico che ormai il conflitto di classe si svolge al di fuori dei posti di lavoro quando le decisioni del congresso di Firenze impegnano tuttora gli organi centrali del partito alla intensificazione di tale attività; si redige infine il giornale in funzione d'un esperimento del tutto arbitrario e unilaterale, e non secondo le indicazioni che provengono volta a volta dallo sviluppo della politica del partito.

Perché l'allarme che si è venuto così a creare e il giusto risentimento di molti compagni non si trasformino in reazione attiva, come il minacciato distacco dal partito e la formazione di organismi autonomi, riteniamo giunto il momento per ridare al C.E. il suo carattere di organo unitario e non di tendenza, e alla stampa la linea politica che il partito si è data e non quella imposta da qualche membro della commissione esecutiva.

La pubblicazione di un bollettino interno per il dibattito e per la chiarificazione delle idee e delle posizioni contrastanti nel partito, cessa di avere una qualunque importanza, quando al partito viene imposta una linea politica che si allontana sempre più da quella tracciata dalla sua esperienza e dalle indicazioni e decisioni congressuali.

Noi pensiamo che persistendo in questo tentativo di deviazione della politica del partito si finisce per legittimare, dopo averla provocata, la reazione di quei compagni che intendono provvedere alla sua difesa con i mezzi di partito, ma al di fuori dei suoi attuali organi direttivi a cui si fa risalire la responsabilità di quanto sopra denunciato.

Saluti fraterni

Firmato: per i membri del C.C. Bottaioli; Stefanini; Lecci; Damen

Una dichiarazione di Damen

Nell'estremo tentativo di rendere ancora possibile un'ulteriore convivenza nel C.E., Damen inviava all'Esecutivo stesso una sua dichiarazione. La non accettazione di fatto delle richieste ivi formulate aveva per logica conseguenza la impossibilità materiale e politica per Damen di rimanere più oltre nel C.E. e dava apertamente il via alla crisi fino ad allora latente.

Al C.E.

Mi sono impegnato a precisare per iscritto quanto sono venuto affermando in questi ultimi tempi e in particolar modo nelle ultime riunioni del C.E. in conseguenza dell'episodio della mia mancata partecipazione ad una pubblica manifestazione di partito. Ma questa mia precisazione, se nasce da preoccupazioni di ordine politico, non si esaurisce in una formulazione di principi generali sui quali non possiamo non essere tutti d'accordo, ma tende a circoscrivere alcune anormalità d'ordine pratico e di lavoro, eliminate le quali penso che non sia difficile trovare tra gli attuali membri del C.E. quel minimo denominatore comune entro il quale differenze di valutazione, temperamenti diversi e diverso modo di sentire i problemi della comune milizia rivoluzionaria possano non soltanto coesistere, ma servire di stimolo a fare di più e meglio nell'interesse del partito e della causa rivoluzionaria.

  1. Quando insisto sulla necessità di spersonalizzare l'organo centrale del partito, alludo evidentemente a quel malcostume politico ereditato dai partiti piccolo borghesi e socialdemocratici per i quali il C.E. si identifica nella persona di qualche suo componente, non importa se Damen o Maffi, quando non addirittura Bordiga, che, assente, tirerebbe i fili della politica del partito come in un qualsiasi gioco di marionette.
    Per evitare di favorire tendenze del genere ho sempre sostenuto (ed oggi pongo la questione in termini di necessità improrogabile) che i rapporti che intercorrono tra centro del partito e il partito stesso non debbano portare il nome di chicchessia fino al punto di rendere noto all'organizzazione che non sarà data evasione a quella corrispondenza interna di partito che non fosse indirizzata alla Segreteria o all'Amministrazione del P., non al nome di Tizio o di Caio facente parte dell'Esecutivo.
  2. Perché nessuno sia autorizzato a pensare che la pubblicazione di PROMETEO sfugga in linea politica, redazionale ed organizzativa, al controllo del C.E., ritengo sia opportuno ritornare alla denuncia del solo responsabile di fronte al Tribunale, anche perché nessuna decisione del C.E. ha mai modificato di fatto tale procedura. Le preoccupazioni in parola non hanno riguardato la direzione di BATTAGLIA, ma nulla impedisce che anche per il quindicinale del partito si debba adottare la stessa procedura.
  3. Sono del parere che la collaborazione del compagno Bordiga alla stampa del partito, per quanto importante e lodevole sia, debba essere vista dall'angolo visuale dei rapporti politici che intercorrono tra i compagni e l'organo responsabile del partito. Non dobbiamo abituare i compagni a considerare soltanto il contributo intellettuale di Bordiga e a sottovalutare e a fingere di ignorare i doveri d'una attiva milizia rivoluzionaria di cui nessuno, e tanto meno Bordiga, deve sentirsi esonerato.
  4. Bisogna spazzar via la tendenza di fare della politica del partito un affare interno di una determinata cerchia di amicizie. Che la constatazione non sia arbitraria, lo prova la debolezza dimostrata dagli organi responsabili del partito di fronte a due compagni tuttora considerati membri del C.C., che di fatto hanno rotto col partito e si infischiano della sua disciplina: del compagno Vercesi è inutilmente nota al C.C. la sua dichiarazione sufficiente per sé stessa a provocare un provvedimento di espulsione, mentre il compagno La Camera è tuttora membro del C.C. senza aver rinnovata la tessera del Partito.

Infine, per impedire che sull'organo del partito appaiano articoli in contrasto alla linea tracciata dal Congresso, il C.E. si impegna ad esaminare preventivamente la collaborazione politica e ad approvarne o meno la pubblicazione.

Va da sé che la mia ulteriore partecipazione ai lavori del C.E. sarà rivista alla luce di queste precisazioni e alla loro messa in pratica.

Onorato Damen, Maggio 1951

Le prime dimissioni

Per non essere corresponsabile del nuovo indirizzo politico imposto dall'alto al Partito, Bottaioli rassegna le sue dimissioni, a poca distanza di tempo da quelle di Damen.

Al C.E.

Non è certo una sorpresa per voi, se con la presente intendo dimettermi dall'Esecutivo. Il mio parere lo conoscete già attraverso l'ordine del giorno che presentai alla Centrale dove attribuivo al cosiddetto C.E. d'emergenza il compito d'organizzare la discussione in vista del Congresso e nel frattempo mantenere il Partito sulla linea politica uscita dal corpo di tesi votato a Firenze.

Anche nella prima riunione dell'Esecutivo, dopo la Centrale, insistetti affinché sia giornale che direttive esterne non si scostassero da questa linea. Purtroppo giornale e direttive sono là, e senza dubbio sono intonate al documento votato alla Centrale ultima.

Altro maggior dissenso è quello della partecipazione dei nostri compagni dell'O. M. alle elezioni della C.I. Sono io responsabile di detta partecipazione e nessun altro, e la rivendico in nome di Firenze; l'Esecutivo è contro e per questo si rifà al documento della Centrale determinando così una politica di tendenza.

Voi capirete che in queste condizioni la mia permanenza nell'Esecutivo non solo è superflua, ma può essere un intralcio al lavoro. Con ciò sono sempre disposto a dare il mio modesto contributo al lavoro del Partito quando questo me lo richiedesse.

Saluti.

Giovanni Bottaioli