Autorganizzazione, anticapitalismo: il vero percorso di lotta!

Pubblichiamo di seguito il testo del volantino distribuito nel corso dell'ultmo sciopero generale

Ancora una volta i Sindacati chiamano i lavoratori allo sciopero. La motivazione è una finanziaria che, come tutte le finanziarie degli ultimi anni, partorite da governi di destra o di "sinistra", annuncia immancabili tagli. Non solo strombazzati "tagli delle tasse" che - anche se saranno realizzati - non andranno certamente a favorire le fasce più deboli della popolazione, ma tagli allo stato sociale, che gli enti locali garantiranno sempre meno dopo la riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato; tagli al salario differito con la sottrazione ai lavoratori di parte delle loro pensioni e dei loro TFR; tagli al salario diretto con il blocco dei contratti pubblici e consistenti tagli di personale nell'ambito della scuola e del pubblico impiego.

Sono tutte motivazioni per le quali è giusto e doveroso scioperare e protestare, poiché l'attacco al lavoro dipendente è senza precedenti. Ma il punto è: a vantaggio di chi scioperiamo? A vantaggio di chi siamo chiamati a partecipare a questa ormai rituale manifestazione?

Non certamente a vantaggio nostro, visto che dal 1993 in avanti - al seguito di sindacati che hanno come loro bandiera la difesa della competitività delle imprese e del "sistema paese" - abbiamo perduto un quarto del nostro potere di acquisto, abbiamo subito una precarizzazione sempre più selvaggia dei rapporti di lavoro e il costante peggioramento delle condizioni di lavoro nonché dello sfruttamento della nostra forza-lavoro. Tutto questo senza la benché minima, reale e concreta reazione di una effettiva lotta proclamata dai sindacati.

Il vero motivo per il quale siamo chiamati all'ennesimo sciopero simbolico, è la difesa dei sindacati, del loro ruolo istituzionale e del loro potere di mediazione. Ruoli e poteri che li accreditano - sia presso i governi sia presso il padronato - come l'unico soggetto in grado di "vendere" ai lavoratori ogni riforma fatta a loro discapito, quasi fosse un irrinunciabile passo avanti nella modernizzazione e nel progresso e quindi come un gesto compiuto nel loro interesse. E oggi i sindacati viaggiano in "armonia" con la stessa Confindustria, per ridare forza, competitività e profitti al nostrano capitale, mentre ci rovescia addosso ondate di licenziamenti e cassa integrazione!

Esattamente cento anni fa scoppiava in Italia il primo sciopero generale dei lavoratori.

Partito dalla Camera del Lavoro di Milano, si estese ben presto a tutta la penisola in risposta agli eccidi perpetrati dalle forze dell'ordine nei confronti di lavoratori che protestavano pacificamente. Durò diversi giorni, non ebbe preavviso, e fu tale da mostrare a tutti quale poteva essere la forza del proletariato che scende in lotta in modo unitario e determinato. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e, con una trasformazione della sua natura, il sindacato si è progressivamente dimostrato assai più abile a difendere in definitiva gli interessi dei padroni contro i lavoratori, di quanto non abbia difeso e difenda i reali interessi dei lavoratori contro i padroni.

L'unico modo per i lavoratori di difendersi dagli attacchi del capitale e dei governi (veri e propri "comitati d'affari") e tutelare i propri diritti, è di ricorrere a lotte vere, organizzate dal basso, quanto più estese possibili, costituendo nei luoghi di lavoro organismi di difesa autonomi; facendo valere come unico criterio delle decisioni di modalità e finalità di lotta il voto nelle assemblee sui posti di lavoro, l'elezione di delegati con mandato revocabile quando non rispetta più la volontà dei lavoratori, il ricorso obbligatorio alla consultazione dei lavoratori prima della firma di qualsiasi accordo.

Sono i lavoratori stessi che devono salvaguardare e difendere i propri interessi, non i sindacati o i politicanti dei vari partiti parlamentari. Contro le logiche e le compatibilità legate alla conservazione del capitalismo; contro le illusioni di possibili armonie di interessi nazionali, comuni (ma in realtà inconciliabili!) tra classe operaia e borghesia, bisogna cercare l'unità della classe proletaria, esclusivamente attorno ai suoi interessi sia immediati sia generali. Tutti uniti come classe antagonista al capitalismo, per reagire concretamente e porre fine allo sfruttamento da parte della borghesia, appoggiata dalle politiche sociali e dalle finanziarie dei suoi vari governi.

PCInt

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.