Sul corteo contro la vivisezione a S. Polo D'Enza - Ormai la borghesia reprime. Sempre

Sabato 20 novembre si è tenuta a S. Polo d'Enza (RE) una manifestazione nazionale per chiedere la chiusura di un centro dove vengono allevati animali destinati alla vivisezione, organizzata dal "Coordinamento Chiudere Morini". Erano presenti circa 1500 persone, con posizioni politiche molto eterogenee: da chi si limitava ad una critica morale e all'indignazione a chi invece riteneva necessario portare la lotta contro il sistema capitalista.

"Estirpiamo la vivisezione alle radici: lottiamo contro il capitale", titolava il nostro volantino, nel quale si metteva in rilievo che se da un lato è giustissimo lottare contro le torture che vengono fatte agli animali - che può essere condivisa anche da una parte della borghesia - dall'altro è indispensabile sottolineare che la vivisezione è una pratica funzionale alla logica del profitto ed è contro quest'ultima, cioè contro il capitalismo, che deve essere indirizzata la lotta.

Lo stesso capitale che uccide più di tre lavoratori al giorno nelle fabbriche e nei cantieri, che licenzia quando ha bisogno di meno manodopera, che taglia il salario diretto e quello che resta dello "stato sociale" quando è in crisi, che sfrutta quotidianamente il proletariato in tutti i posti di lavoro, non si fa certo dei problemi a vivisezionare animali, se questo gli può produrre profitto.

Non si può pretendere che le multinazionali - quelle farmaceutiche in particolare, a cui non interessa certo la salute collettiva ma il profitto, che indirizzano la ricerca verso i settori più redditizi e non verso quelli che possono dare più benessere, che vendono molti farmaci a prezzi esorbitanti perché chi non può farne a meno li compra ugualmente, che producono le cure per i mali prodotti da loro stesse - si mettano una mano sulla coscienza e abbandonino questa pratica.

Le cariche effettuate alla fine della manifestazione contro persone del tutto inermi, non sono state una conseguenza dello sparuto lancio di qualche sasso - secondo la ricostruzione fatta dalle forze dell'ordine borghese - bensì del fatto che una parte delle posizioni espresse dal corteo non erano semplicemente animaliste, ma, almeno nelle intenzioni, in rottura con il capitalismo e per questo andavano represse, come infatti è successo.

Era chiaro fin dal primo pomeriggio che la polizia avrebbe caricato; il paese era completamente militarizzato, tutti i compagni in treno venivano controllati e perquisiti e anche molti di quelli in macchina sono stati fermati, e questo non a causa di qualche scritta o di qualche sasso, anche se certe azioni del tutto estemporanee e completamente staccate dal "comune sentire" del corteo vanno evitate, per non offrire il pretesto di caricare brutalmente.

A questo proposito, ormai dovrebbe essere evidente a tutti che la borghesia tollera sempre meno qualsiasi manifestazione che esca - o anche solo accenni a uscire - dai binari strettamente istituzionali. A S. Polo, come in altre occasioni, l'eventuale e ultra-minoritario lancio di qualche oggetto contundente non poteva alterare il carattere sostanzialmente pacifico del corteo, che non costituiva in alcun modo una minaccia per la polizia né, tantomeno, per l'azienda torturatrice di animali. Di questo mutamento climatico - per così dire - dovrebbe prendere atto quella parte del cosidetto "popolo di sinistra", che ancora nutre illusioni sulla democrazia borghese e sulle sue forze repressive, che troppo spesso sfila con la pericolosa incoscienza di un gregge pronto a sbandarsi in preda al panico al primo accenno di "carica", diventando in tal modo vera e propria carne da macello per i manganelli. Però, la consapevolezza che i tempi sono, appunto, cambiati, che la borghesia ha finito le carote, ma non i bastoni, non può essere sviluppata dagli organizzatori "antagonisti" delle manifestazioni, preoccupati in genere (indipendentemente dal corteo di S. Polo) di rintronare i partecipanti con la musica assordante che impedisce di riflettere, di gridare slogan, di spiegare agli esterni per che cosa si sfila. Chi controlla il camion su cui è piazzato il "sound system" può controllare i giovani e, a volte, meno giovani, manifestanti, ridotti per lo più a marionette inconsapevoli, ancorché felici, dai padroni della musica. Anche nel corteo, dunque, in scala ridotta si ripropone e si impone l'alienazione della società borghese, in cui le vite di ognuno di noi sono più o meno strettamente condizionate da chi ha il controllo dei "mezzi di produzione": nel nostro caso, di quelli ideologici.

C'è una forte analogia tra i cortei sindacali e quelli organizzati dal neoriformismo sedicente antagonista: nell'uno e nell'altro caso, coi fischietti, col ritmo ossessivo e ipnotico dei tamburi o della musica sparata a tutto volume, si crea un esercito di zombi, non di esseri pensanti. Ma, in definitiva, è proprio quello che vuole il riformismo vecchio e nuovo.

Tia

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.