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Home ›Chavez e la rivoluzione bolivariana
In Venezuela, il 31 gennaio, è entrata in vigore la legge abilitante. Questa legge, prevista dalla costituzione, concede ad Hugo Chavez pieni poteri per i prossimi 18 mesi. I pieni poteri verranno utilizzati per regolare 11 settori della vita sociale, politica ed economica del paese. Questo provvedimento rientra nel quadro del Progetto Nazionale Simon Bolivar 2007-12 varato da Chavez all’indomani della sua ampia riconferma nelle elezioni presidenziali del dicembre 2006. Obiettivo del progetto: dare slancio alla rivoluzione bolivariana ovvero a quel ambizioso progetto che viene definito il socialismo per il XXI secolo.
Il progetto pone al centro l’obiettivo dell’affrancamento dalla tutela egemonica degli USA, dalla loro politica neocoloniale perpetrata appropriandosi parassitariamente delle risorse naturali e del plus valore estorto alla classe operaia sud americana. La rivoluzione bolivariana si propone, al contrario, di creare le condizioni per uno sviluppo endogeno dove la borghesia latino americana possa svolgere un ruolo indipendente nella definizione delle strategie di sfruttamento del “proprio” territorio. Il progetto bolivariano riprende gli ideali del Libertador Simon Bolivar (1783-1830) il quale portò all’indipendenza il Venezuela ed altri stati sud americani, lottò per la non subordinazione degli stati sud americani all’Europa. Queste furono idee fortemente progressiste, formulate ai tempi d’oro dell’affermazione della borghesia come classe dominante (la prima metà del XIX sec.).
È il ministro della presidenza venezuelana Raffaello Vargas a spiegarci il significato che assume oggi il neo bolivarismo propugnato da Chavez e dalla sua “rivoluzione” affermando che questa:
non è né socialista né comunista perché rimane nell’ambito del capitalismo, ma è radicale e provoca profondi cambiamenti della struttura economica.
Oppure lo stesso Chavez:
gli investimenti privati restano garantiti...
All’interno di tale programma il Venezuela - quinto esportatore mondiale di petrolio - sta portando avanti una politica economica, sociale, diplomatica ed ideologica che, dal punto di vista della borghesia venezuelana e dell’attuale assetto dell’imperialismo, non possiamo che riconoscere come intelligente e coraggiosa:
- Nazionalizzazione (non fondata sull’esproprio ma sull’indennizzo, tra l’altro un indennizzo ben al di sopra del prezzo di mercato) dei settori dell’elettricità e delle telecomunicazioni. Nella società petrolifera nazionale (PDVSA) il governo venezuelano è passato dalla condizione di minoranza al possesso del 60% delle quote delle imprese petrolifere miste che operano sul territorio.
- Utilizzo di parte dei profitti petroliferi, sottratti al parassitismo delle compagnie straniere e degli amministratori corrotti, in opere sociali, educazione e sanità. In questo campo va tenuto presente:
1) che la situazione sociale venezuelana vede il 70% della popolazione al di sotto della soglia di povertà;
2) che la drammatica situazione della deriva sociale e della criminalità nel paese è riassumibile nei 16.000 omicidi compiuti nel 2006 (+791% rispetto al 1998);
3) che la propaganda è sempre propaganda. Per esempio, delle 150.000 case promesse nel 2006, necessarie per sostituire quelle distrutte dalle inondazioni, meno di 40.000 ne sono state consegnate;
4) che solo attraverso tali promesse e miglioramenti è stato possibile al regime di Chavez costruire una base sociale talmente solida da contrastare il tentativo di colpo di stato (finanziato dagli USA) dell 11 aprile 2002 ed il pareo petrolifero (la serrata dei padroni del petrolio) che ha messo in ginocchio il paese tra il dicembra 2002 ed il gennaio 2003. - Grande impegno diplomatico volto alla costruzione di una rete di alleanze capaci di costituire un’alternativa all’imperialismo USA. È partito stringendo forti legami con Cuba, petrolio in cambio di medici, specialisti, tecnici; in seguito alle vittorie dei candidati di sinistra ha stretto forti alleanze con la Bolivia di Morales, il Nicaragua dell’ex sandinista Ortega, l’Equador di Correra mentre i rapporti con Argentina e Brasile, le altre due potenze sud americane anch’esse “a sinistra”, tendono a raffreddarsi in corrispondenza all’affermarsi del Venezuela come paese guida del sud america. In campo internazionale possiamo citare i 3 miliardi di dollari di commesse militari pattuiti con la Russia; l’impegno, a partire dagli attuali 150.000, a portare entro il 2010 a 500.000 i barili di petrolio esportati alla Cina (e ad un milione nel 2016); gli accordi con Siria e Corea del Nord; i rapporti diplomatici stretti con l’Iran e volti a ridare peso autonomo all’OPEC (Chavez: in fatto di politica petrolifera, con l’Iran, “continueremo ad agire come sempre ed a parlare con una sola voce”); il petrolio a prezzo scontato venduto a Londra e l’elenco potrebbe continuare; all’ONU, poi, Chavez è diventato famoso nel 2005 per la sua tirata anti-Bush (imbecille e terrorista), successivamente si è lanciato nella battaglia per prendere il posto dell’Argentina ad uno dei seggi non permanenti del consiglio di sicurezza, ha viaggiato per mezzo mondo e si è assicurato il sostegno dei membri permanenti Cina e Russia.
Insomma nella contesa inter-imperialista globale, che si svolge sullo sfondo della guerra permanente per il controllo dei flussi delle materie prime, il Venezuela di Chavez aspira a giocare un ruolo centrale. Il drammatico consenso che la sua politica trova in molti ambienti “di sinistra” denota la naturale predisposizione di questi ambienti a scegliere di schierarsi con uno dei fronti in campo, piuttosto che impegnarsi a dare vita ad una prospettiva anticapitalista di autonomia dei proletari dalle proprie borghesie e dalle ideologie (come il neo bolivarismo) che le sostengono. Ma su questi temi avremo modo di tornare.
LotusBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #4
Aprile 2007
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