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Home ›Grazie alle privatizzazioni i vagoni di Trenitalia sono sempre più sporchi
E il treno va ... ma non arriva mai
È di questi giorni la notizia che un pensionato torinese muore d’infarto in treno sulla tratta Savona-Torino e che nessuno si accorga del decesso tant’è che la triste scoperta viene fatta soltanto quando il convoglio ritorna a Savona,vale a dire sei ore dopo.
“Un caso increscioso che non dovrà più ripetersi” minaccia perentoriamente il nuovo amministratore delegato Mauro Moretti. È un po’ difficile, stando almeno al calcolo delle probabilità, che un altro pensionato possa morire sulla stessa tratta e che la sua morte possa essere scoperta con tanto colpevole ritardo. L’ironia un po’ surreale fa da sfondo ad una situazione, quella delle ferrovie italiane, da commedia degli orrori. Il fatto non dovrà più ripetersi! Ce lo auguriamo vivamente per il bene dei viaggiatori, dei pendolari, degli studenti che devono giocoforza utilizzare questo mezzo di trasporto, ma che non abbia più a ripetersi somiglia più a un mantra che non ad una precisa volontà di rifar funzionare le ferrovie.
Continuare coi tagli del personale significa, nel caso specifico, abbandonare i passeggeri a sé stessi. Infatti su questi convogli il capotreno deve stare in cabina col macchinista ed i controlli, anche su tratte lunghe, vengono fatti a campione. Per di più la sorveglianza che una volta era assicurata dalla Polfer adesso è praticamente scomparsa, il tutto per l’imprescindibile esigenza di tagliare i costi, il che, a sua volta, riflette un quadro problematico fatto di deragliamenti, cancellazioni, guasti e mancata assistenza ai passeggeri, carrozze sporche in quanto, a detta di Trenitalia, è praticamente impossibile garantire l’igiene.
Un contributo notevole alla comprensione di tanto caos viene dalla politica industriale dei cosiddetti “manager creativi”, fatta di privatizzazione-liberalizzazione del servizio ferroviario che da servizio pubblico passa a impresa che deve produrre profitti. Ci si deve affidare, pertanto, alla concorrenza - sorta di evocazione magica che risolve ogni cosa - ma si devono anche accettare i tagli di trasferimenti dallo stato alle FS che, per far quadrare i conti, non ha altra strada che ridurre il personale, passato in breve tempo da 225.000 a 90.000, dover utilizzare materiale rotabile circolante obsoleto (età media dei locomotori 23 anni, quando già dopo 20 anni dovrebbero essere ritirati dalla circolazione), eliminazione di tutte le tratte e le corse non redditizie (i cosiddetti rami secchi) anche se ultimamente l’immarcescibile TPS (Tommaso Padoa Schioppa), tra le sue tante piacevolezze sciorinate, ha ribadito come occorra dar di taglio ai rami anche verdi, accentuare la flessibilità, introdurre una buona volta per tutte il “mitico” agente unico.
Si sta procedendo, in sintesi, ad un progressivo smantellamento delle ferrovie, paradossalmente secondo i dettami della tatcherizzazione delle British Railways che negli anni 1980 videro lo stato inglese, assecondando le fregole di privatizzazione “della lady di ferro”, defilarsi dalla gestione di un servizio i cui oneri vennero scaricati, integralmente, sulle spalle dei passeggeri: prezzi lievitati a dismisura in quanto la libera concorrenza, in questo settore, non ha prodotto una riduzione dei costi bensì l’esatto contrario tant’è che il Regno Unito può fregiarsi del titolo di ferrovie più care d’Europa che riescono a garantire, però, ritardi, passeggeri sovente costretti a viaggiare in piedi, carrozze stipate, guasti, disservizi d’ogni genere. Alle corte, il governo inglese è dovuto intervenire,tempo addietro, per ri-nazionalizzare quanto meno la rete ferroviaria.
Da noi questo precedente è come se non fosse mai avvenuto: ricorso sistematico all’outsourcing con imprese che vincono appalti al massimo ribasso per poi, magari, sub-appaltare, impiego di manodopera sottopagata però flessibile con le inevitabili conseguenze per quel che attiene non solo il degrado igienico, una maggior frequenza dei guasti, ma soprattutto, e questo ha del criminoso, la manutenzione meccanica ordinaria. Il nuovo amministratore delegato, en passant ex sindacalista della CGIL, Mauro Moretti, in un soprassalto di genialità, ha prefigurato ulteriori esuberi per altre 10.000 unità ma, allo stesso tempo, non è in grado di presentare un appena decente piano aziendale né di ridimensionare lo scandalo delle “spese per consulenze inutili e clientelari” con annessi stipendi faranoici per dirigenti, capi non si sa di che cosa, manager e altre inutilità professionali. Un’azienda che ha tutte le fattezze di un comitato d’affari che si disinteressa, operativamente, di un servizio pubblico per essere presente nella spartizione di lucrosi affari.
Chi ha seguito le vicende della TAV, della tratta Torino-Lione, per essere più precisi, sa che esiste già una linea che è largamente sottoutilizzata: transitano ogni anno 8 milioni di tonnellate di merci a fronte di una capacità di 20 tonnellate. Con la nuova opera se ne aggiungerebbero altre 60 che però non trovano giustificazione alcuna in quanto le previsioni, per il 2015, fanno riferimento ad un traffico di 20 milioni, cioè quello che l’attuale linea potrebbe garantire. Non siamo in un padiglione di psichiatria, siamo solo in presenza di un affarismo cinico che ha come punto di riferimento la ricerca sempre più spasmodica del profitto.
Se non si focalizza questo punto si rischia di perdere di vista il quadro d’insieme; pertanto risultano veramente incomprensibili le giaculatorie sindacali che si richiamano a generiche esigenze di...
potenziamento, ammoder-namento, sviluppo del servizio ferroviario quale risorsa strategica per il riequilibrio sociale, economico e ambientale anziché smantellarlo e ridurlo a semplice merce da vendere e comprare secondo le regole del mercato e del profitto.
Ma è quello che sta avvenendo e che è gia avvenuto in altre realtà e che avverrà sempre di più nel settore ferroviario, in quello dei servizi e in tutte le branche produttive se la classe lavoratrice non sarà in grado di prendere l’iniziativa che la porti, oggi, a difendere il posto di lavoro, il proprio salario e le proprie condizioni di vita, domani, a far trascrescere, le lotte rivendicative in lotta per il potere affinché il sistema capitalistico possa tirare le cuoia come, da molto tempo, ampiamente merita.
ggBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #4
Aprile 2007
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