Come la borghesia governa la propria crisi

Alla ricerca di un nuovo sistema elettorale per continuare ad attaccare il proletariato

Il governo Prodi si caratterizza per il continuo stato di crisi; la colpa, di cono, è della legge elettorale voluta dal governo Berlusconi che ha prodotto una evidente instabilità politica. Stante questa situazione c’è accordo, seppur nella diversità delle posizioni politiche, sulla necessità e sul potere taumaturgico di una nuova legge elettorale e di un ritocco alla costituzione.

Il coltello nella piaga lo ha girato anche Montezemolo, all’Assemblea di Confindustria del 24 maggio scorso, accusando il sistema politico di essere tanto costoso quanto improduttivo e senza progettualità. Anche Confindustria propugna il cambiamento del sistema elettorale, il rafforzamento del ruolo del presidente del Consiglio e l’introduzione dei principi del mercato nella Costituzione. Al di là della situazione contingente riteniamo che la causa della crisi delle forme istituzionali del dominio borghese sia la crisi di profitto che, a fasi alterne, attanaglia il capitalismo ormai da trent’anni. Quest’ultima ha portato alla progressiva riduzione del welfare, del monte salari ed alla precarietà e flessibilizzazione del lavoro. La lotta di classe della borghesia contro il proletariato ha dato i suoi frutti, ma i risultati acquisiti non sono definitivi, oltretutto se messi in discussione dalla concorrenza economico-commerciale globale e dai limiti imposti dalla costituzione dell’euro. Abbiamo così assistito ad un processo volto a far tirare la cinghia ai proletari e ai poveri, per farla allentare ai borghesi e ai ricchi. Ma poiché la ripresa è fragile su quella strada si deve proseguire senza tentennamenti. Ed i passaggi, tanto delicati quanto necessari, sono: riduzione dei costi complessivi per le imprese sia sul fronte delle imposte che su quello dei salari; riduzione dei costi della pubblica amministrazione; riduzione della spesa pubblica (pensioni, sanità e scuola); ampliamento degli spazi di flessibilità del lavoro e del contratto di secondo livello (quello aziendale) al fine di legare strettamente i salari ai risultati aziendali, il completamento della legge Biagi e la ovvia revisione delle relazioni industriali. Questo chiede esplicitamente Confindustria ed è quanto prova a fare il governo Prodi. Così è la scelta di fondo di tentare la manovra attraverso la concertazione che per il momento, seppur tra mille difficoltà, tiene in vita il governo. Questo un punto, un altro è la fedeltà del governo Prodi all’euro e al progetto politico che vi soggiace, e vorremmo così soffermarci brevemente sull’euro.

L’introduzione dell’euro, con i parametri di Maastricht, ha determinato un fatto politico di estrema importanza e cioè ha tolto ai singoli Stati il controllo sulla propria moneta e per certi aspetti anche sulla propria sovranità. Venute meno le leve del debito pubblico e della svalutazione monetaria a sostegno delle proprie merci, la via della competitività deve passare attraverso la riduzione/ristrutturazione dei costi, l’innovazione e l’intensifi-cazione/flessibilizzazione dello sfruttamento dei lavoratori. Il capitale finanziario detta le regole, d’accordo con quello industriale, a pagare sono i proletari e quel ceto medio che sta perdendo via via il suo status sociale. Essendo la moneta comune lo strumento utilizzato dal capitalismo europeo per cercare di uscire dalla crisi, è fondamentale la sua stabilità e il suo proporsi come moneta alternativa al dollaro. Per questi motivi l’euro è anche lo strumento dell’imperialismo europeo che, per ora, si prefigge di attrarre capitali, rastrellare rendita finanziaria e fare dell’euro una valuta di riserva: in una frase spostare i flussi finanziari dal dollaro. Ad esempio il 20 maggio scorso il Kuwait, che con Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Oman e Qatar fa parte del Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc), ha abbandonato il sistema di cambio fisso (peg) che lega al dollaro le monete dei paesi produttori di petrolio di quell’area. (1)

Ovviamente nel paniere di monete che ha sostituito il peg l’euro ha un peso rilevante. Se questa decisione venisse seguita anche dagli altri paesi del Gcc, e sembra che sia solo questione di tempo, la fine del peg aprirebbe la strada al petroeuro, ed in prospettiva al dirottamento sull’euro di una valanga di investimenti. Tornando all’Italia sottolineiamo che la presenza acquiescente del proletariato è necessaria per la riuscita della manovra di cui abbiamo precedentemente accennato. Ma questa acquiescenza non è data per sempre, l’equilibrio sociale è sempre instabile essendo la risultante di forze opposte e in movimento. Un mezzo per cercare di mantenere l’equilibrio determinatosi consiste nel far apparire il mondo borghese come il migliore e, in quanto tale, sempre soggetto agli attacchi delle forze maligne. Questa propaganda ideologica, oggi, si può sintetizzare in una parola: sicurezza. Le insicurezze e le precarietà generate dalle necessità dell’accumulazione capitalistica e dall’incrudirsi dalle guerre imperialiste sono volte contro capri espiatori quali extracomunitari, islamici, qualsiasi forma di diversità, i poveri, la criminalità, il terrorismo. L’insicurezza genera paura e questa, in quanto fonte di bisogni ed istanze di protezione, è sapientemente utilizzata dal potere borghese. Quest’ultimo sa bene che il senso comune dell’uomo medio è con lui ogni volta che misure estreme sono adottate nel nome della sicurezza e della lotta contro il crimine, il terrorismo o i nemici della patria. Ecco allora che, mentre si blatera di memoria condivisa e di superamento della stagione degli opposti estremismi, rispunta il terrorismo. Tanto è vero che il Ministro degli Interni non perde occasione per denunciare il non superamento di quella stagione e come il pericolo si annidi in ogni dove. La vecchia carta del terrorismo quale fattore di sicuro effetto stabilizzante del sistema e di ricompattamento sociale è sempre pronta, ed il momento è quello delle scelte difficili ed impopolari.

mr

(1) Petrodollari e finanza islamica “Più stabili con l’euro, investiremo in Europa”, Il sole-24 Ore, 24 maggio 2007.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.