A proposito di Cuori rossi

Una lunga scia di sangue, lotte e ideali

È da poco uscito il libro di Cristiano Armati Cuori rossi. La storia, le lotte, i sogni di chi ha pagato con la vita il prezzo delle proprie idee. Dagli eccidi di contadini e operai nel dopoguerra all’esecuzione di Valerio Verbano e Peppino Impastato, dai caduti del ’77 alla morte di Carlo Giuliani. Nelle sue cinquecento pagine Cuori rossi ripercorre la lunga scia di sangue che va dalla Strage del pane di Palermo del 1944 fino all’uccisione di Renato Biagetti da parte di un neofascista nel 2006, passando per altri numerosissimi e gravissimi episodi - noti e meno noti - che dal dopoguerra a oggi hanno lastricato di sangue proletario le vie e le piazze d’Italia, come la strage delle Fonderie Riunite (Modena 1950, sei morti), i caduti del governo Tambroni (luglio 1960, undici morti) o la strage di piazza della Loggia (Brescia 1974, otto morti) causata dall’esplosione di una bomba in una piazza gremita di lavoratori. In Italia, forse più che in altri paesi dell’occidente “democratico”, lo stato borghese ha a disposizione una

una micidiale licenza d’uccidere che -- dice Armati -- dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri, ha spezzato le vite di donne e uomini, spesso giovanissimi, uniti da una passione che parla di uguaglianza, libertà e fraternità. Dalla strage di Portella della Ginestra alla repressione delle manifestazioni nel G8 di Genova, “Cuori rossi” è la storia di una guerra mai dichiarata eppure spietata. Una guerra che ha usato le armi non convenzionali dei lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo e delle collusioni con la criminalità politica e mafiosa per aggredire, intimidire e spesso uccidere le persone ritenute pericolose.

Una guerra di classe, aggiungiamo noi, che la borghesia continua in vario modo a portare avanti, utilizzando anche la più disparata feccia che va dallo sgherro mafioso alla teppa neofascista fino ai picchiatori in divisa, ogniqualvolta i proletari osino alzare la testa contro il suo marcio dominio. Cuori rossi è, fra le altre cose, la giusta risposta a Cuori neri di Luca Telese, un libro dedicato ai ventuno neofascisti uccisi durante gli anni di piombo da militanti di sinistra e forze dell’ordine. Un libro che ha riscosso così tanto successo da essere in vendita anche negli scaffali degli uffici delle Poste italiane, nella sua edizione super economica. Inutile dire che Cuori neri si inserisce perfettamente - al di là delle intenzioni dell’autore - in quella manovra ideologica di ampio respiro che tende a riabilitare “chi è stato fascista” ma che adesso ci governa, e con cui la sinistra deve in qualche modo... dialogare per il bene del paese. Una sinistra che, dal canto suo, deve liberarsi del mito sanguinario della Resistenza a cui si abbeverano ancora le scomode frange della sinistra radicale, ma a questo ci pensano i libri sfornati a ritmi record da Giampaolo Pansa, che ovviamente non ci pensa due volte a utilizzare anche i nostri morti (Fausto Atti e Mario Acquaviva) pur di gettare fango sul movimento partigiano.

Ora, può sembrare paradossale che noi - da sempre avversari dell’antifascismo interclassista - ci preoccupiamo di difendere la memoria di chi lottò su un terreno del tutto nazionalistico e borghese; in realtà chi mette sullo stesso piano i rossi e i neri lo fa proprio richiamandosi al fatto che, in un modo o nell’altro, “combattevano tutti per la patria”. Ed è questa menzogna che noi vogliamo respingere, perché la maggior parte dei partigiani rossi hanno combattuto nella speranza di vedere sorgere, prima o poi e con tutta la confusione ideologica che si vuole, un mondo senza classi e senza frontiere, così come tutti i cuori rossi che dal dopoguerra a oggi sono caduti sotto i feroci colpi della violenza antioperaia e anticomunista. Proprio nulla da spartire, dunque, con i “cuori neri” di chi, dietro un generico e vuoto ribellismo, si è sempre schierato dalla parte del padrone.

GS

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.