Bancarotta dell'economia borghese

Quanto sta accadendo tanto a livello finanziario (soprattutto) quanto economico in generale e al di là del frastornante tam-tam che quotidianamente - fino a ieri - annunciava l'avvenuto crollo delle teorie economiche di Marx (oltretutto debitamente falsificate dai medesimi suonatori di tamburi), un fatto è invece certo: il tracollo (tanto teorico quanto “pratico”) di tutta l'economia politica - scienza di classe, in questo caso borghese, passata e presente - è sotto gli occhi di tutti. Dall'esaltazione del neo-capitalismo, una strutturazione economica che venne presentata come trionfale nella storia dell'umanità, si è passati ai traumatici crolli degli anni Settanta. Quindi tra alterne recessioni e stagflazioni, si annunciò più volte una nuova ripresa, post-capitalistica, sulla cui efficienza e potenzialità fino a poco tempo quasi tutti giuravano, mentre ora più nessuno è disposto a scommettere né un dollaro né un euro. Anzi, se ne bruciano a milioni per volta, fra la generale costernazione e impotenza. Anche l'immagine dell'idolatrato - dalla stessa “sinistra” - Keynes, appare sempre più sbiadita nonostante i molti ritocchi; gli ultimi fans degli stregoni reaganiani hanno smarrito i loro polverosi amuleti e nei club dedicati alla signora Thatcher si passano le serate giocando a tombola con un occhio impaurito rivolto ai listini della Borsa. Nessuno più, fra liberisti e statalisti riuniti in un disperato abbraccio sotto l'imperversare di un travolgente uragano finanziario, si sente in grado (ammesso che lo sia mai stato) di spiegare, controllare o quanto meno proporre “modelli economici” alternativi e rassicuranti.

L'economia politica moderna non produce altro che sterili elaborazioni astratte, mascherate da analisi in apparenza altamente specialistiche. Lo ammetteva anni fa quello stesso P. Sylos Labini (in un recente salotto televisivo lo si lodava - da “sinistra”, e ti pareva! - per il suo “lungimirante acume”...) che in vita osservava come al contrario di quanto avviene per esempio nella fisica, dove i modelli teorici vengono convalidati o meno dalla verifica sperimentale, gli economisti non si preoccupano minimamente di una verifica empirica, in senso storico, delle loro indicazioni.

Addirittura, le elaborazioni dei modelli sono tali da rendere impossibile ogni controllo basato sui fatti, che - aggiungiamo noi - immancabilmente li smentiscono. Ma siamo anche qui al culmine dell'equivoco: nella scienza della fisica sono operanti leggi che per i vari Sylos Labini sarebbero invece del tutto inesistenti nel particolare oggetto in esame, cioè nel modo - storico - di produzione capitalistico. Addirittura, come fece appunto il Labini, arrivano a sostenere che la colpa del verificarsi di quei fenomeni monetari e finanziari che disturbano i sonni borghesi assieme ai “processi dello sviluppo ciclico” (recessione, ripresa e poi... crisi globale!) dipenderebbero dal fatto che purtroppo “subiscono in pieno le spinte dei mutamenti storici”. Una visione, questa, fondata su uno storicismo che nella registrazione dei fatti capovolge i concreti e condizionanti rapporti tra economia (determinante) e società (determinata). Una visione comune a tutti coloro che negano i possibili risultati teorico-pratici di una analisi critica delle fondamentali strutture e delle leggi economiche operanti all'interno del capitalismo e che movimentano il suo corso storico. Certamente, una analisi condotta con una metodologia scientifica è possibile soltanto quando si è capita la natura per così dire “intima” del capitale e del suo sviluppo come organica totalità. Dove la scoperta delle sue leggi di vita e di movimento (in parte risalente ai classici inglesi e francesi, fondatori della economia politica), grazie alla successiva analisi critica di Marx, avrebbe dimostrato come quelle stesse leggi, liberate da ogni astratta interpretazione e mistificazione, conducevano tendenzialmente alla rovina - con crisi sempre più devastanti - l'ordine economico e sociale oggi dominante.

Incapaci di comprendere le dottrine dei loro grandi antenati -- scriveva la nostra R. Luxemburg -- e ancor meno di accettare la dottrina di Marx, che è uscita e suona il rintocco funebre della società borghese, i nostri dotti borghesi espongono, sotto il nome di economia politica, una zuppa informe fatta di residui di ogni genere, di idee scientifiche e di confusioni interessate; non cercano affatto di studiare i reali scopi del capitalismo, ma cercano al contrario di mascherare questi scopi per difendere il capitalismo come il migliore, il solo e l'eterno ordine sociale possibile.

Così, oggi ancor più di ieri, i condizionamenti delle leggi economiche del capitalismo (quelle medesime leggi di cui gli economisti borghesi negano l'esistenza) stringono in una morsa drammatica l'intera umanità, sconvolta da improvvise, furibonde e devastanti esplosioni di irrazionalità individuale e collettiva, provocate da rapporti economici e sociali ormai insopportabili in ogni parte, più o meno “progressivamente” sviluppata, del mondo.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.