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Home ›Condizioni e lotte operaie nel mondo
Messico
Lo sciopero ad oltranza degli insegnanti dello stato di Morelos continua ormai da 48 giorni, con presidi permanenti, blocchi stradali e anche una Marcia di 85 km verso la capitale. La protesta è rivolta contro la cosiddetta ACE (Alianza por la Calidad de la Education - Alleanza per la Qualità dell’Educazione), una riforma concordata dal governo federale assieme ai suoi sindacati fantoccio, tra cui la centrale SNTE, che anche nel 2006 aveva cercato di rompere il fronte della protesta a Oaxaca. La riforma priverebbe gli insegnanti di qualsiasi sicurezza del posto di lavoro e renderebbe difficile anche semplicemente organizzare le lezioni. Gli insegnanti di Morelos stanno ricevendo sostegno da varie altre regioni. Movimenti di protesta si sono verificati in Quintana Roo, Oaxaca, Guerriero, Michoacán e Veracruz, con diffusi scioperi, occupazioni di edifici governativi e presidi permanenti. ( libcom.org )
Canada
Il sindacato ha posto fine allo sciopero di 800 lavoratori della Viterra (maggior produttore canadese di grano), accettando tutte le condizioni imposte dall’azienda e in precedenza rifiutate dai lavoratori. Hugh Wagner, capo del sindacato GSU, ha dichiarato esplicitamente da che parte della barricata sta: “Non vogliamo disturbare o danneggiare le operazioni di raccolta”. Insomma, sciopero si, ma finché non dà fastidio ai padroni. ( wsws.org )
Sri Lanka
Circa 350 operai di una fabbrica di gomma del gruppo Elastomeric, vicino Colombo, hanno iniziato uno sciopero il 4 settembre per chiedere il reintegro di 4 loro compagni di lavoro. Nonostante le minacce dell’azienda, i lavoratori mantengono un presidio permanente davanti alla fabbrica, sostenuti dalla popolazione locale. Anche i lavoratori delle fabbriche vicine hanno espresso solidarietà, fornendo sostegno economico e rifiutandosi di accettare ordini che normalmente sarebbero stati affidati ai lavoratori in sciopero. L’azienda intanto ha pubblicato annunci di lavoro sui giornali locali, e minaccia di licenziamento i dimostranti che non tornassero immediatamente al lavoro. ( wsws.org )
Vietnam
La mancanza dei minimi diritti di associazione per i lavoratori sta portando a casi sempre più diffuse di azioni di protesta “selvagge” nel paese. Nella città di Danang, 1400 operai dell’abbigliamento hanno iniziato uno sciopero chiedendo adeguamenti salariali per fronteggiare i prezzi dei carburanti e migliori buoni pasto. Altri 400 lavoratori dello stesso settore hanno scioperato, per ricevere aumenti salariali, vicino ad Ho Chi Minh City. Il Vietnam si trova ad affrontare livelli di inflazione a due cifre, che impoveriscono la classe operaia. L’inflazione è creciuta dell’1,6% in agosto, dopo l’1.1% di luglio. ( libcom.org )
Iran
Migliaia di lavoratori stanno scioperando da mesi, nel nord del paese, per ottenere il pagamento dei salari arretrati. L’ultimo caso si è verificato l’8 settembre, in una fabbrica tessile del gruppo Bonyad Mostazafan. Pare che il gruppo intenda vendere le sue fabbriche, o trasferire la produzione in altre regioni, mentre i lavoratori faticano a sopravvivere, con i prezzi in costante crescita. ( libcom.org )
Bangladesh
Continua lo stato di agitazione in tutto il paese, con una situazione che per i lavoratori si aggrava continuamente. Oltre 5 mila lavoratori della Reedisha Knitex, operante nel settore dell’abbigliamento nel distretto di Dhaka, avevano iniziato una protesta improvvisa il 13 agosto. Avevano interrotto la loro pausa pranzo, iniziando uno sciopero per chiedere più soldi, per fronteggiare prezzi crescenti di alimentari, abitazioni e trasporto. Le richieste erano ignorate da tempo e l’esasperazione si è trasformata presto in violenza, fronteggiata però da centinaia di agenti e militari. Ci sono stati 50 feriti tra i dimostranti e 15 tra i funzionari dell’azienda, subito oggetto della rabbia degli operai. Nella stessa area c’erano state proteste anche nei giorni precedenti, quando centinaia di operaie, dopo il licenziamento arbitrario di alcune centinaia di loro compagne di lavoro, si erano scontrate con gli ansar (ausiliari alla sicurezza, sorta di paramilitari) che presidiavano la fabbrica. Le proteste si erano estese rapidamente a lavoratori di parecchie fabbriche vicine, che avevano assalito e danneggiato vari impianti e organizzato blocchi stradali.
La situazione sta assumendo dimensioni e livelli ormai insostenibili. La federazione padronale BGMEA chiede apertamente al governo di dispiegare “misure di sicurezza” più dure e minaccia serrate. Ora, nelle aree dove più le proteste erano più diffuse, le fabbriche tessili sono presidiate permanentemente da poliziotti e forze paramilitari, che obbligano gli operai a lavorare anche oltre l’orario (senza ricevere straordinari) e impediscono loro di lasciare la fabbrica, in caso di dispute e proteste, per richiamare la solidarietà degli operai delle fabbriche vicine.
Per fronteggiare la concorrenza internazionale, caratterizzata da produttività e capitalizzazione maggiore, il settore tessile del Bangladesh utilizza l’arma del lavoro sottopagato, andando ad attaccare la fascia del mercato a più bassa qualità. Ma questo impone ai lavoratori condizioni veramente disumane. La malnutrizione è ormai abituale, e per evitare casi di collasso, i padroni sono costretti a distribuire cibo sotto-costo durante le ore di lavoro. In questo modo, gli operai riescono a restare in piedi nonostante le 10-14 ore di lavoro giornaliero, fino all’esaurimento e al licenziamento, spesso dopo vari mesi di lavoro non retribuito. Secondo le statistiche, il 90% della forza lavoro del settore è di sesso femminile e di giovane età (anche soli 12 anni).
I giornali locali riferiscono di ormai frequenti e generalizzati casi di panico, paranoia e allucinazioni collettive: “Alcuni lavoratori hanno attaccato la fabbrica Diganto Sweater, in Gazipur, a seguito di storie riguardanti la morte di alcuni operai attaccati da fantasmi nei bagni della fabbrica; la produzione è stata bloccata per quattro giorni a causa degli attacchi, dei danneggiamenti agli impianti e ai blocchi stradali”. Numerose storie simili hanno avuto luogo in varie fabbriche ed aree, attribuite dagli psicologi a stress, orari di lavoro prolungati e malnutrizione.
I sindacati - tutti - ammettono ormai di non avere alcun controllo sulla situazione, dato che tutte le proteste si sono sviluppate al di fuori delle loro strutture. Il padronato stesso ha dato più libertà di azione ai sindacati, in modo da poterli usare come strumento di controllo delle iniziative operaie. Ma l’idea non ha finora funzionato, e il ricorso alla forza contro i lavoratori è l’unico argine all’esplosione sociale. È da segnalare pure come gli attacchi ad alcuni lavoratori, isolati, si siano verificati proprio nei bagni, dove la paranoia collettiva concentra paure, allucinazioni e distorsioni della realtà. ( libcom.org )
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #10
13 ottobre 2008
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