Sul movimento contro il DdL scuola

Come si può riassumere quanto accaduto in questo anno?

L'intero anno scolastico è stato attraversato da importanti mobilitazioni del mondo della scuola, in particolare insegnanti, contro il Disegno di legge denominato la “Buona scuola”.

I principali momenti di mobilitazione sono stati la produzione di centinaia di mozioni, tra ottobre e gennaio, attraverso le quali i collegi docenti e le assemblee sindacali di numerose scuole prendevano coscienza dei contenuti del Ddl ed esprimevano la propria contrarietà; un fiorire di iniziative in tutta Italia volte a spingere allo sciopero generale prima e a dare continuità alla mobilitazione poi (flash mob, striscioni davanti alle scuole, assemblee territoriali e con le famiglie, manifestazioni, contestazioni a esponenti del governo...), lo sciopero del 5 maggio – uno dei maggiori di sempre nel settore –, il blocco delle prove INVALSI, il blocco degli scrutini, tutti con cifre di partecipazione di molto al di sopra del 50%.

Cosa ha spinto ad una mobilitazione così estesa?

I fattori che si sono intrecciati sono stati molteplici. Proviamo a sintetizzarne alcuni: la categoria docente è una delle peggio pagate d'Europa (rimanendo nel settore scuola) e negli ultimi anni ha visto aumentare a dismisura i propri carichi di lavoro senza ricevere alcun tipo di aumento. In generale, cova sotto la cenere un certo malcontento che si traduce in un individuale “lamentificio continuo” e “boicottaggio minuto” di tutta una serie di attività; già tre anni fa la proposta di portare l'orario di lavoro alle superiori da 18 a 24 ore incontrò la ferma opposizione di un gran numero di docenti che scavalcarono il sindacato nella partecipazione alle manifestazioni, la proposta venne subito ritirata.

Secondariamente, si ha la netta percezione che la riforma non porterà nulla di buono; i docenti hanno visto peggiorare di anno in anno la qualità del loro lavoro e si rendono conto che questa riforma porterà peggioramenti ulteriori, non piace l'”organico funzionale” che significherebbe una condizione di instabilità lavorativa totale per ognuno, non piace l'idea di essere valutati da un dirigente che finirebbe per privilegiare “gli amici”, non piace il sistema nazionale di valutazione INVALSI.

In ultima istanza c'è la “questione democratica” che nella categoria è molto sentita. Forte opposizione si è levata contro il modello gerarchico e il “dirigente sceriffo”, che esautorerebbe la sovranità del collegio docenti, contro una riforma calata dall'alto che non ha “ascoltato chi nelle scuole ci lavora”, una riforma che viola la stessa Costituzione borghese e il diritto all'istruzione per tutti, in essa contenuto, attraverso la concessione degli sgravi fiscali alle private e la classificazione – attraverso il Rapporto di Auto Valutazione – delle scuole in una sorta di graduatoria tra scuole “eccellenti” e scuole “di serie B”, andando a penalizzare fortemente gli istituti situati nei quartieri più disagiati.

Quali sono state le caratteristiche organizzative?

Il grosso della protesta è esploso quando la CGIL si è resa conto che, almeno a Roma, la grande maggioranza dei suoi iscritti voleva lo sciopero. Il 18 aprile la CGIL prendeva atto della irriducibilità della base e decideva di fare buon viso a cattivo gioco: rifarsi una verginità politica promuovendo da quel momento la mobilitazione, sfruttare la situazione per tornare alla carica del governo che da ormai oltre un anno aveva deciso di escluderla da tutti i tavoli di trattativa.

È interessante sottolineare l'atteggiamento della CGIL (e complici): innanzitutto il grosso del movimento era contrario ad ogni emendamento al Ddl, che voleva che venisse ritirato “senza se e senza ma”, la CGIL e le altre forze politico-sindacali in campo chiedono invece modifiche, per quanto “sostanziali” – anche dal palco del 5 maggio la parola “ritiro” non è mai stata pronunciata. Secondariamente, i vari momenti di mobilitazione successivi al 18 aprile hanno visto la struttura sindacale al traino passivo e pesante... si sono limitati al minimo indispensabile senza prendere nessuna iniziativa volta ad estendere e radicare la mobilitazione; in ogni caso il solo assenso della CGIL ha fatto sì che il movimento si ampliasse immediatamente per diventare “di massa”; per non essere esclusi, gli altri sindacati sono accorsi e, tutti insieme – o quasi – hanno iniziato a promuovere iniziative unitarie, scadenze etc. Insomma, se trasversalmente i lavoratori hanno chiesto a gran voce scioperi e iniziative unitarie, quando i sindacati hanno fatto proprie queste istanze (seppure con il profilo più basso possibile) la partecipazione è esplosa.

Unico vero elemento organizzativo di interesse – di cui siamo a conoscenza – è stato quello degli autoconvocati di Roma, nato in estate sulla base di una piattaforma rivendicativa minima con l'intento di coordinare iscritti e non iscritti ai sindacati, in maniera trasversale per favorire momenti comuni di lotta da parte dei lavoratori. Questo ha promosso le primissime mobilitazioni di autunno, salvo poi essere rapidamente egemonizzato dagli elementi della sinistra CGIL, che ne hanno fatto una propria struttura per la battaglia interna al loro sindacato, facendogli perdere quindi quel carattere di interesse “assembleare”, di unità dal basso, che da principio aveva costituito il suo maggior tratto di interesse.

Quali sono stati i limiti del movimento?

Brevemente, possiamo dire che la riforma non è stata colta nella sua essenza di tassello all'interno di un intero mosaico di politiche contro i lavoratori promosse dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni, in un contesto di crisi che impone al Governo la compressione di salari, servizi e pensioni. Elementi fondamentali come il taglio di 60-90.000 precari delle Graduatorie di Istituto, l'imposizione di 200-400 ore di lavoro gratuito annuo – specie durante le vacanze – agli studenti dal terzo anno delle scuole superiori in poi sono criticati solo marginalmente. Le assemblee con i genitori si sono concentrate più sullo spiegare la riforma chiedendo l'appoggio alle mobilitazioni degli insegnanti da parte dei genitori che a cogliere la comunità di interessi tra lavoratori scuola e genitori proletari, anch'essi pesantemente colpiti dalle politiche di austerità. Il movimento si è caratterizzato per un forte tratto corporativo, non andando a lavorare per l'unità dei lavoratori a partire dalla scuola (ATA, ditte di pulizie, mensa, assistenti specialistici etc... a loro volta pesantemente colpiti, fino all'intero mondo del lavoro ormai sotto permanente aggressione). Non è stata prodotta una critica radicale al concetto borghese e ipocrita di meritocrazia (“a parità di prestazione io guadagno di più perché merito di più”) in favore di un ragionamento volto ad affermare la necessità dell'uguaglianza economica e sociale. Ci si è impantanati nel panegirico della “democrazia e della Costituzione violate”, arrivando (sempre la CGIL ma non solo) ad imporre l'inno nazionale ai cortei, come se esistessero interessi nazionali e non di classe, come se noi lavoratori dovessimo stare dalla parte del padrone che ci sfrutta perché italiano, magari contro chi è sfruttato come noi, ma straniero. In generale è prevalso il corporativismo sul riconoscimento degli insegnanti – almeno larga parte – come parte della più vasta classe sociale dei lavoratori.

Non si è nemmeno sviluppata – né a livello politico né a livello organizzativo – una critica radicale al sindacato, al suo ruolo di stampella delle politiche governative, al suo tentativo di utilizzare le mobilitazioni per rilanciare il proprio riconoscimento ai tavoli col governo. Per esempio, la stessa CGIL che ha proclamato lo sciopero degli scrutini, negli anni '90, ha firmato gli accordi per sterilizzarlo: uno sciopero degli scrutini che non può superare i due giorni è uno sciopero solo simbolico, infatti.

Cosa propongono i comunisti internazionalisti?

Il lavoro è molto duro, nonostante le mobilitazioni il clima rimane di sfiducia e scoramento, molto legato ai riti democratici che ad ogni passaggio vorrebbero affossare il tutto. Abbiamo provato a premere, all'inizio negli Autoconvocati, per una assemblea di lavoratori scuola che, a partire da una base di classe, avesse la capacità di criticare il ruolo del sindacato per avanzare modelli assembleari di tipo diverso, ma l'esperienza ha immediatamente chiuso a questa prospettiva, si tratta allora, ancora, di cercare di organizzare delle minoranze più coscienti delle problematiche realmente in campo per costituire un piccolo polo di orientamento che sappia in prima battuta ricollocare la Riforma nel suo giusto ambito: non attacco alla democrazia, ma ai lavoratori, nell'ottica delle politiche anti-operaie del Governo, anche nel quadro della ristrutturazione in chiave sempre più autoritaria e “decisionista” dello Stato. Sviluppare la coscienza che i lavoratori scuola non hanno nulla da elemosinare a politicanti e sindacalisti, ma devono costruire la propria forza a partire dal riconoscersi come un settore della grande classe dei lavoratori. Aprire il discorso alla necessità di una alternativa al capitalismo, di un nuovo ordine sociale, perché nel contesto attuale mai i lavoratori potranno veder rispettati i loro interessi. Da questa base è partito il difficile lavoro di organizzazione di una minoranza classista capace di, almeno in un primo momento, rappresentare una voce fuori dal coro e catalizzare quei lavoratori che, pur arrabbiati, trovano giustamente insufficienti le proposte fin qui avanzate dal movimento contro il Ddl. È un lavoro duro, dicevamo, i miti democratici, della Costituzione nata dalla Resistenza, l'idea della superiorità del corpo docente rispetto agli altri settori di lavoratori sono molto radicati. Nonostante l'evidenza di una realtà economica e sociale lanciata verso il baratro, l'ideologia dominante, che vede in questo Sistema l'unico possibile, è profondamente radicata nelle coscienza, specie di una categoria “intellettuale” come i docenti, ma il lavoro di sviluppo e radicamento del partito di classe non può respingere i dati di realtà, in essi si deve immergere per aggregare attorno alla piattaforma rivoluzionaria le forze più coscienti.

Lavoratori scuola internazionalisti
Martedì, June 23, 2015

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.