Sanders, Trump e le presidenziali USA

Il sistema politico statunitense sta attraversando una crisi: i commentatori borghesi subiscono senza volerlo l'ascendente politico di Donald Trump; Bernie Sanders si porta a casa una vittoria nello stato del Michigan, dove era prevista una sua sconfitta con un distacco percentuale dalla doppia cifra. Ne era certo persino Sanders stesso, che aveva sospeso la campagna e non era nemmeno in attesa del risultato. In Trump, invece, il Partito Repubblicano ha un candidato di facciata denunciato dal suo stesso partito per aver invocato esplicitamente misure che il governo USA sta già adottando. Sanders è stato largamente tenuto lontano dalla ribalta dei media come il cadidato che ufficialmente non ha possibilità di vincere, e che ha invece avuto un successo sorprendente. Più ampia è la schiera dei candidati, più è necessario guidare l'elettorato al voto per uno dei due figli prediletti della borghesia. Queste elezioni rivelano allo stesso tempo il fallimento politico dello stato capitalista e alti livelli di disaffezione verso lo stato stesso. In ultima analisi, però, servono a selezionare il candidato che meglio riflette i propositi e il punto di vista della classe dominante.

Bernie Sanders, che si autodescrive come un “socialista democratico”, ha una certa popolarità tra i lavoratori e i giovani. Il suo curriculum lo vede iniziare dalla politica locale come sindaco di Burlington, Vermont, sino al senato degli Stati Uniti. Un'aura di indipendenza giova da sempre alla sua carriera: essere considerato in tutto il paese un candidato “indipendente” è ciò che lo contraddistingue. In realtà fa comunella coi democratici da sempre, e di sicuro non è indipendente dalla borghesia, ma il suo vecchio pregio ai tempi del Vermont, cioè l'apparente indipendenza dai due partiti maggiori, si è trasformato in un pregio di livello nazionale.

Trump ha messo a frutto le fortune della sua famiglia nel mercato immobiliare all'epoca della bancarotta e della riorganizzazione di New York, negli anni Settanta. La sua più grande ricchezza è rappresentata dal suo nome, di cui ha fatto un marchio di fabbrica. Politicamente è sempre stato un camaleonte, perfettamente capace di sposare il liberalismo politico ufficiale alla leadership dei Democratici di New York quando questo significava essere in una posizione migliore per mettere le mani su un numero maggiore di immobili. Per arrivare ancora più in alto e assumere la leadership della grande vecchia repubblica borghese deve sforzarsi di aprire la bocca di continuo e defecare più idiozie che sia possibile: le sue opinioni, benché reazionarie, sono più o meno in sintonia con buona parte della borghesia. La popolarità di Trump deriva in larga parte dalla pubblicità che gli hanno fatto i media: testate come il New York Times ad esempio, mentre gli danno del fascista, contribuiscono a creare quel clima politico di guerra permanente e di reazione che l'ha portato sulla via della Casa Bianca.

Il Partito Democratico è una bestia strana: porta avanti un programma di reazione politica e di violenza imperialistica mostrandosi come amico della gente allo stesso tempo. Anche i Repubblicani assumono la loro posa populistica, ma con meno dissonanza cognitiva rispetto al metodo “parla di sinistra e agisci di destra” dei Democratici. Nel 2011 in Wisconsin, nel movimento Black Lives Matter, nella recente protesta a Flint, Michigan, contro l'acqua avvelenata e l'insabbiamento da parte governativa dei risultati dei controlli dell'EPA (l'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente), il Partito Democratico si autoproclama automaticamente guida del movimento prima che qualsiasi altra organizzazione possa nascere. Ma le lotte politiche si stanno moltiplicando e sta diventando dura per i Democratici controllare il tutto come in passato. Ed è qui che un candidato (un tempo “indipendente” ma ora Democratico) come Sanders trova la sua ragion d'essere.

Il Partito Democratico ha perso una parte del suo vecchio serbatoio di voti: ciò che l'ha rimpiazzata non è altrettanto significativo in termini quantitativi: dopo gli anni di Obama è diventata ancora più dura, se pensiamo che Obama ha continuato ciò che il regime Bush aveva iniziato a costruire. Dall'inizio della crisi economica nei primi anni Settanta i Democratici, come il resto della borghesia internazionale, ebbero sete di sangue: mentre la loro azione politica diventava sempre più e sempre più esplicitamente ostile nei confronti dei lavoratori e dei poveri, essi accentuarono gli aspetti identitari delle loro politiche. Obama, infatti, rappresenta un tentativo della borghesia statunitense di rifarsi il look, di sembrare più eterogenea per legittimarsi maggiormente mentre il suo Stato portava un attacco alle condizioni di vita dei lavoratori, in modo che la classe fosse più sfruttabile e povera, e quindi più competitiva.

Il proletariato non smette di essere tale solo perché le grandi fabbriche chiudono o si trasferiscono altrove: sono le privazioni della disoccupazione, sperimentate come esercito di forza-lavoro di riserva, che rendono il proletariato ancora più sfruttabile.

La marchiatura del bestiame

Se alcuni elementi della galassia dei media usano toni orrorifici nel riferirsi a Trump, il suo stesso nome è un marchio mediatico: è infatti il clima politico di guerra e austerità permanenti e lo sviluppo di uno stato di polizia ad averlo creato. Il consenso che ha è il prodotto tanto della incessante propaganda nazionalista capitalistica quanto il riflesso della frustrazione conseguente all'attuale sistema politico. Trump proclama orgogliosamente la continuazione delle poitiche da stato dominante; qualsiasi cosa la borghesia americana stia già facendo, Trump prende posizione e annuncia che la farà di più. Sanders parla del suo obiettivo di tirar dentro al Partito Democratico più gente possibile, mentre il Partito stesso si prepara a dirottare i sostenitori di Sanders verso l'appoggio a Hillary Clinton nello scenario di un'elezione Trump contro Clinton.

I commentatori padronali ci informano che rifiutarsi di votare per la Clinton sarebbe la definitiva vittoria del Male trumpiano: dovremmo infatti temere che un presidente come Trump inizierebbe a praticare la tortura, si lancerebbe in guerre infinite, metterebbe la gente nei campi, costruirebbe muri al confine col Messico, condurrebbe deportazioni di massa e implacabili campagne di guerra punitiva coi droni. Evidentemente per la borghesia gli eventi non stanno andando secondo i piani.

Ciò che passa per “pubblico dibattito” è così arretrato e volgare da sembrare lo specchio che rivela la vera natura della classe capitalista: Clinton, Sanders e i Democratici hanno un linguaggio politico totalmente atificioso in cui non possono usare la parola “lavoratori” e devono ogni volta soffocarla ripetendo “classe media” come un mantra; per i Repubblicani invece è all'ordine del giorno l'eterno dibattito su questioni-chiave come la lunghezza del pene e quante persone hanno intenzione di uccidere se diventano presidente. In ultima analisi, da uno spettacolo simile ne esce una serie di nullità borghesi le cui azioni sono molto simili. La classe politica rappresentata da Democratici e Repubblicani non ha fatto altro che attaccare i lavoratori e i poveri ad ogni occasione: ogni loro azione ha lo scopo di facilitare l'accumulazione del capitale e di reprimere la forza-lavoro che rende il capitalismo possibile.

Con una forza-lavoro la cui maggioranza guadagna ora meno di 30 mila dollari all'anno, sta crescendo la classe dei nullatenenti che devono vendere la loro manodopera in cambio di un salario: il proletariato, nel senso più oggettivo della cosa. (1)

Lontana dallo sparire nella non-esistenza, sembra che questa classe possa ricominciare a camminare con le sue gambe, un giorno. Le candidature di Trump e Sanders traggono linfa dalla vena di insoddisfazione viscerale presente in ampi strati di popolazione, allo stesso tempo riflettono il dilemma di una borghesia che ha bisogno di un grande dittatore o di un grande riformatore che la salvi dalle conseguenze che il suo stesso sistema ha prodotto.

Queste elezioni senza fine potrebbero essere demoralizzanti per i rivoluzionari, perché è deprimente vedere amici e colleghi abboccare alla retorica e al marketing della politica borghese. Il voto dà legittimità a un ordine politico che non ha nulla da offrire se non povertà, guerra e disastro ecologico. Si possono fare cose molto più costruttive e creative di queste, e per farle c'è bisogno dell'organizzazione politica del proletariato. Le elezioni borghesi si possono lasciare ai borghesi.

AS

(1) www.ssa.gov/cgi-bin/net#11E7C2C

Venerdì, April 1, 2016