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Home ›I fatti di Grecia un primo segnale della rottura della pace sociale?
La rivolta degli studenti e la grande partecipazione allo sciopero generale dei lavoratori del settore pubblico e privato evidenziano il crescente malcontento in Grecia, così come in tanti altri paesi del mondo. Al pari della tanto decantata “globalizzazione” borghese, è auspicabile che in futuro il proletariato internazionale sappia contrapporre l’unita di tutti i lavoratori ad un capitalismo sempre più affamatore e guerrafondaio.
A quest’ultimo tipo di globalizzazione, la borghesia inorridisce e tenta di deformare qualsiasi episodio di lotta di classe, svilendo i fatti in episodi teppistici e locali, per poi rinchiuderli nel dimenticatoio il più presto possibile.
In Grecia, accanto agli ovvi motivi peculiari che caratterizzano gli ultimi decenni di storia di quel paese, si sommano pesantemente le contraddizioni maturate dal capitalismo internazionale.
Un’economia fragile, sebbene la Grecia sia stato uno dei paesi emergenti dell’Unione Europea a maggiore crescita negli anni scorsi, la sua base industriale è di dimensioni ancora ridotte e il ruolo trainante nella composizione del PIL è determinato dal commercio marittimo e dal turismo.
Le privatizzazioni portate avanti dal centro-destra, attualmente al governo con il secondo mandato consecutivo, presieduto da Karamanlis capo del partito della destra liberale Nuova democrazia, erano già cominciate con i precedenti governi di “sinistra” del PASOK, al potere per venti anni consecutivi. Nonostante ciò, lo Stato controlla gran parte delle attività economiche tramite le proprie aziende, in particolar modo nei settori delle telecomunicazioni e dell’energia.
Caratterizza le crisi economiche capitalistiche la concentrazione della ricchezza e del potere in poche mani, a beneficiare di questo stato di cose in Grecia è l’alta borghesia di Stato e quella privata, mentre per il proletariato si prospetta un futuro sempre più misero, senza la possibilità di ricevere le briciole elargite in passato.
Al tornaconto di pochi e alle ristrettezze crescenti della popolazione si accompagnano scandali e intrallazzi governativi che nei paesi più deboli evidenziano sfacciatamente l’ingiustizia e l’oppressione borghese. Come in tutti gli altri paesi le conseguenze della crisi sono le stesse: licenziamenti, precarizzazione dei rapporti di lavoro, tagli alla previdenza e alla spesa pubblica.
Mentre alle banche in difficoltà venivano elargiti ben 28 miliardi di euro, nessun aiuto è stato dato alle famiglie proletarie indigenti. In aggiunta i tagli prevedono la riduzione dei fondi per le scuole e gli atenei pubblici per favorire le privatizzazioni.
Quest’ultimo punto da tempo aveva creato forti malumori tra gli universitari e il personale interno, sfociati in scioperi e occupazioni di facoltà.
A causa delle energiche mobilitazioni la legge per promuovere le fondazioni private era stata momentaneamente bloccata, in quanto per cambiarne il carattere pubblico sancito dalla costituzione greca è necessaria una larga maggioranza parlamentare, a cui in un primo momento il PASOK si era reso disponibile, poi vista l’aria che tirava ha preferito opportunisticamente tirarsi indietro.
Inoltre, la situazione complessiva dei nuovi diplomati e laureati è drammatica, la disoccupazione è pari al 23%, e più in generale raggiunge tra i ragazzi entro i venticinque anni il 30%. In un clima sociale pieno di rabbia, soprattutto tra i giovani che non vedono nessuna prospettiva per il loro futuro, la morte dello studente 15 enne per mano di un poliziotto ha fatto esplodere i rancori che covavano da tempo scatenando la rivolta di massa di studenti, disoccupati e precari. Parecchie stazioni di polizia sono state attaccate, una polizia particolarmente brutale e fascista invisa alla maggior parte della popolazione, mentre le principali città greche sono state teatro per parecchi giorni di una estesa guerriglia urbana.
Una rivolta giovanile di tale entità e intensità non si ricordava dal 1973 durante la dittatura militare dei colonnelli, anche allora partì dal Politecnico di Atene e contribuì alla caduta del regime l’anno successivo. La gravità degli accadimenti la dice lunga sulla crisi sociale che sta attraversando la Grecia.
Purtroppo alla mobilitazione dei giovani non corrisponde quella dei lavoratori, almeno per il momento. Lo sciopero generale programmato dai sindacati prima della morte dello studente e svoltosi successivamente ai drammatici fatti, pur accumulando nella solidarietà e producendo qualche contatto tra lavoratori e movimento, si è concluso in se stesso senza nessun seguito.
Anzi, a trarne giovamento sul piano elettoralistico si candidano, come sempre, le forze della sinistra borghese, specializzate nell’opera di pompieraggio delle piazze, le quali hanno subito chiesto le dimissioni del governo ed elezioni anticipate.
Alla testa di queste sporche manfrine è lo stalinista Partito comunista greco, che da una parte ha fatto finta di appoggiare le manifestazioni, mentre dall’altra ne denunciava la radicalizzazione e le violenze come opera di qualche fantomatica centrale occulta. Le vicende greche potrebbero essere il preludio a qualcosa di molto più grande.
Le tensioni sociali prodotte da un capitalismo sempre più in crisi, che dovrà scaricare ulteriormente le proprie contraddizioni sulle spalle del proletariato internazionale, non troveranno sempre rassegnazione e passività.
Ciò che terrorizza la borghesia è che alle proteste studentesche, che hanno dei limiti per la loro natura sociale, si possano sostituire le lotte del proletariato, con ben altro peso e capacità di sovvertire l’ordine costituito.
A condizione, naturalmente, che sia presente e operante il Partito di classe del proletariato, capace di trasmettere la coscienza dell’inconciliabilità di interessi tra capitale e lavoro e di prospettare la necessità di una alternativa realmente comunista.
cgBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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