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Home ›Grecia - Sulle elezioni del 20 settembre
Le elezioni politiche greche sono passate, il 45% degli elettori non si sono recati alle urne, il governo “di sinistra” che ne è uscito dovrà ora applicare le politiche anti-operaie prescritte dal memorandum.
I compagni greci hanno scritto – prima della elezioni – il documento che segue, prevedendo ampiamente tutto questo. Si tratta di un documento estremamente chiaro tanto per la lettura della fase, quanto per il ruolo che in essa i comunisti sono chiamati a svolgere: raccogliere le forze più genuine della classe operaia attorno al programma, alla tattica, alla strategia, dell'internazionalismo comunista.
Prima di lasciare a loro la parola due osservazioni ancora. La prima, quasi banale, è che le recenti esperienze Greche dimostrano ancora una volta come, nella crisi del terzo ciclo di accumulazione del capitale, non c'è più alcun margine di mediazione per il riformismo socialdemocratico: da barricadero contenitore della sinistra più o meno estrema in lotta contro la Troika, Siryza si è trasformata in poco più di un anno in un fedele partito di centro-destra, ossequioso del mandato che gli deriva dalla borghesia nazionale e internazionale: non interrompere il massacro in corso ai danni del proletariato greco.
La seconda osservazione è che ogni sconfitta proletaria maturata sul terreno delle illusioni socialdemocratiche semina tra le fila proletarie i peggiori tra i veleni: scoramento e rassegnazione.
La vittoria di Syriza è stato il risultato di un proletariato che stava arretrando, il tradimento degli iniziali proclami incendiari di Tsipras e Varufakis ha dimostrato l'inconsistenza della “sinistra di governo”, l'accettazione del memorandum ha concretamente affossato le speranze di cambiare le cose dall'interno, le elezioni hanno sigillato la nuova situazione. Ciò che è mancata è stata la prospettiva di un cambiamento da perseguire attraverso il superamento dello stato di cose presenti, una prospettiva tutta da costruire e per la quale siamo al fianco dei nostri compagni greci, come loro lo sono al nostro.
Cosa c’è in ballo in queste elezioni è ovvio: nient’altro che l’elezione di un governo che metta in atto il famoso terzo memorandum, tre volte peggio dei due precedenti. Qualunque sia il risultato, che il voto dia il potere a un singolo partito o a una coalizione, il governo che ne uscirà avrà il mandato popolare per attuare fedelmente il terzo memorandum. Naturalmente lo farà sotto l’occhio vigile dei creditori-strozzini internazionali, che avranno diritto di veto sul bilancio, controlleranno tutte le azioni del governo attraverso i loro quadri tecnici sul posto, definiranno obiettivi politici, fisseranno scadenze e richiederanno ulteriori misure. La breve campagna elettorale tra gli attuali governanti della Grecia si concentrerà su chi sarà il più adatto a realizzare il duro memorandum che “il nostro paese è costretto ad applicare comunque”, dato che l’un tempo “irriducibile anti-memorandum” Syriza, dopo “duri negoziati”, ha già accettato di firmarlo e Nuova Democrazia in parlamento ha votato a favore “per il bene del Paese”.
Ecco perché è ovvio che ogni partecipazione dei lavoratori a questa farsa parlamentare, che è il culmine della cosiddetta “sovranità popolare”, può agire solo contro i lavoratori stessi. Il giorno dopo le elezioni questa grande massa di moderni proletari - occupati, sottoccupati, occupabili e disoccupati - che producono la ricchezza della società capitalista, sarà nel mirino di qualsiasi governo prodotto da questa falsa democrazia plutocratica. Sarà presa di mira da ampi attacchi alle remunerazioni di una forza lavoro sempre più svalutata così come ai redditi degli altri strati sociali subordinati.
Non ci può essere quindi alcuna discussione sul fatto che la nostra posizione sulle elezioni del 20 settembre non può essere altro che un “astensionismo” chiaro e semplice, come è stato in tutti i precedenti “scontri” elettorali e in sintonia con il principio di base che richiede sempre una seria opposizione alla dittatura parlamentare del capitale. Dittatura in cui il cittadino non è altro che un soggetto obbediente sotto il dominio del capitale - in realtà uno schiavo moderno che si illude di essere “libero”. Ecco perché il voto in questo esercizio parlamentare non ha alcun valore reale. Significa affidare la vita del cittadino elettore ad altri, cioè ai responsabili del sistema, di destra o di sinistra, così come dare legittimità democratica al dominio capitalista.
Specialmente in queste elezioni il sistema di potere, nella sue dimensioni internazionale e nazionale, vale a dire dalla Troika alla borghesia greca, è palesemente in cerca di legittimazione democratica per la realizzazione del terzo memorandum. Questa è la sua grande arma nel processo di svalutazione della forza-lavoro, radicale redistribuzione della ricchezza e distruzione del capitale più debole come condizioni essenziali per il superamento della crisi in favore della classe dominante. Di conseguenza, la partecipazione alle elezioni - in cui il risultato è già assolutamente preordinato a prescindere da quale combinazione di governo ne uscirà - significa accettazione e legittimazione del processo di ricostruzione capitalista e la sconfitta del mondo del lavoro (e dei disoccupati).
L'unica soluzione è quella di voltare le spalle al gioco borghese del cretinismo parlamentare, smettere di essere spettatori della distruzione delle nostre vite e prendere la situazione nelle nostre mani, senza dar fiducia a candidati, politici borghesi e burocrati come se fossero “salvatori”. Senza azioni di retroguardia prive senso o sciarade riformiste, attraverso l'autorganizzazione e la lotta, con spirito collettivo e ferma decisione fino alla vittoria finale. A partire dalla difesa immediata delle nostre condizioni avendo in vista l'obiettivo finale: una società di produttori liberamente associati, che si divideranno equamente la ricchezza che essi stessi producono.
Il primo problema è il risveglio della classe operaia e la sua comprensione del fatto che nessun truffatore politico la salverà e neanche l’aiuterà, ma che invece dovrebbe prendere la sua vita nelle proprie mani e combattere per se stessa. E' necessario che il mondo del lavoro, lavoratori e disoccupati, finalmente ritrovi se stesso. Il più grande ostacolo è la nostra mancanza di fiducia nelle nostre forze e capacità. Ma al fine di trovare noi stessi dobbiamo prima dimenticare noi stessi. Dobbiamo dimenticare l'immagine che i nostri governanti hanno creato di noi. Dobbiamo avere fiducia nel potenziale enorme della nostra forza collettiva, che finora soltanto abbiamo intravisto.
Il primo passo è quello di capire l’inutilità del voto e la truffa del sistema parlamentare e di impegnarci per l'organizzazione di lotte dirette che metteranno un freno all'uragano sociale in corso.
Tuttavia, come abbiamo continuamente ripetuto dall'inizio della crisi, nella situazione attuale è più facile rovesciare il sistema che cambiare le sue politiche. La nostra prospettiva è da ricercarsi nella formulazione di una politica di classe indipendente dal sistema politico borghese, dallo stato e dal capitale, e la creazione di una organizzazione politica di classe e rivoluzionaria per rovesciare il capitalismo e creare una società collettivista e autogestita.
O socialismo o barbarie. Non c'è altra via!
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Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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