Il protagonismo geopolitico della Russia

Il presidente russo spopola, è un dato di fatto. E lo fa tanto a sinistra quanto a destra, passando per Salvini. Formazioni politiche che si odiano tra loro si incrociano ogni volta che il primo spiffero arriva dal Cremlino. Cosí come intellettuali di segno opposto, per esempio Giulietto Chiesa e Nicolai Lilin. Per capire il consenso di cui gode Vladimir Putin bisogna avere ben chiara la differenza sulle varie interpretazioni dell'imperialismo e il riflesso che queste hanno sulle valutazioni del leader e dell'uomo.

Non si parla solo di politica estera, anche se questa ha fortemente condizionato l'ascesa al potere e la sua tenuta per così tanti anni. Infatti Putin fu negli anni a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio l'espressione della volontà di dare un carattere unitario a una borghesia russa che, dopo avere tolto i panni dello statalismo sovietico, era stata attraversata per tutta l'era Eltsin da lotte fratricide soprattutto nei rapporti col capitale estero. É nota a tutti l'ombra dei brogli che grava sul suo ultimo insediamento così come sono noti i suoi stretti legami con la Chiesa Ortodossa, le sue esternazioni contro i gay e contro gli immigrati (“Non è la Russia ad avere bisogno di loro, ma loro della Russia”) che tanta simpatia gli hanno procurato tra i neofascisti di tutta Europa. Peraltro, come nel caso della LePen, da Putin ampiamente foraggiati. Un anno fa esponenti di Jobbik, Alba Dorata e altre formazioni neonaziste si sono dati appuntamento al Forum Nazionale Russo, che aveva come obiettivo il coordinamento delle forze nazionaliste in Europa e che veniva introdotto da una citazione di Putin in cui mette in guardia l'Europa dalla deviazione dalla retta via di tradizioni e valori, “nazionali, culturali, religiosi e sessuali”. A questo forum erano presenti personaggi del calibro di Limonov, leader dei nazionalbolscevichi, a testimonianza di quanto su certi temi, come la tradizione, siano forti le convergenze tra neri e rossobruni. Basti pensare in casa nostra a Stato e Potenza o Socialismo Patriottico. Il problema però sono i “rossi” che gli vanno dietro. Di conseguenza i sedicenti comunisti che fanno il tifo per lo zar sono costretti a tapparsi il naso perché nella stanza si sta stretti e c'è troppa puzza.

Ma non è tanto della concezione putiniana dello stato che vogliamo parlare. Almeno non solo. Mentre scriviamo le bombe russe cadono sulle postazioni Isis in Siria(almeno in parte...), navi russe stazionano nel Mediterraneo e da più di un anno si combatte in Ucraina uno scontro che non è tanto tra il nuovo governo golpista di Kiev e Mosca ma tra quest'ultima e l'asse NATO-Unione Europea. Nel primo come nel secondo caso tutto il mondo sta assistendo al tentativo statunitense di incunearsi, dopo i fallimenti delle “missioni di pace” afghana e irachena, in aree strategiche per quanto riguarda il passaggio di gasdotti e pipeline ma anche di tenere a bada a distanza ravvicinata Iran, Cina e Russia. Tenerle a bada ora, per poi liquidarle in quanto blocco imperialista contrapposto quando la situazione lo richiederà. Certo, a sentire Putin, dal suo punto di vista, verrebbe quasi da dargli ragione (quasi...).

Soprattutto se si legge un'intervista rilasciata al Corriere della sera, quando tra le altre cose si chiede

Perché quando si integrano i Paesi europei è considerato normale, ma se noi nello spazio post-sovietico facciamo lo stesso si cerca di interpretarlo come il desiderio della Russia di ricostruire una specie di impero?

Noi risponderemmo serenamente che questa “integrazione” non ci riguarda né da parte europea né da parte russa o postsovietica, perché nasconde una coalizione di borghesie nazionali sotto il vessillo della borghesia nazionale che può fare la voce più grossa. Ma tanti fanno propria l'ottica della potenza minacciata, come se, in quanto imperialista, questa non arrivasse a minacciare nessuno se solo ne avesse la possibilità. Certo oggi le cose stanno in un altro modo. E non ha torto – sempre assumendo un'ottica imperialista – quando afferma che allo stato attuale delle cose è la Russia a doversi sentire attaccata. Ma è solo perché non è in grado per adesso di farlo lei per prima, almeno per adesso.

Di conseguenza, dal punto di vista borghese è comprensibile quindi l'ira dell'orso russo dopo il golpe di Euromaidan: se da mia alleata quale eri passi al nemico, il quale mi arriva nel giardino di casa, io ho il diritto di difendermi. Non farebbe una piega, però questa è l'ottica del nemico di classe, l'ottica di quel patriottismo che è protagonista di una vasta azione di “recupero” a sinistra e che si alimenta solo di antiamericanismo anziché essere antimperialismo a 360 gradi. E che della natura reale dell'imperialismo non ci ha capito un acca. Ma allora bisogna aprire una parentesi su cos'è realmente l'imperialismo,e quali sono i suoi caratteri dominanti. Sicuramente Lenin non fece distinzioni tra attaccanti e difensori quando quando denunciò tutte le potenze in guerra come briganti imperialisti, senza fare distinzioni tra aggrediti e aggressori. Così come non fecero distinzioni di nazionalità i soldati russi e tedeschi che invece di ammazzarsi uscivano dalle trincee per fraternizzare e rivolgevano le armi contro gli ufficiali che li spingevano a farlo.

Le questioni fondamentali sono:

  1. devo, come comunista, fare mio il ragionamento di entità statali capitalistiche e borghesi, solo perché aggredite nei loro interessi e soprattutto solo perché aggredite da Washington?
  2. a che punto questo ragionamento conviene ai proletari?

Il secondo fronte russo invece è l'Isis (così ufficialmente si dice). Qui Putin assurge a novello crociato contro l'integralismo islamico oltre che come bastione antiamericano. Forse è la Siria il suo vero capolavoro e anche qui non è un caso che la causa di Assad sia sposata in ugual misura ai due estremi opposti. La constatazione che l'Isis sia una creatura della CIA e che l'integralismo religioso è un nemico di classe da sempre non deve essere la scusante per legarsi agli interessi degli avversari. Finché ci si legherà a un carro piuttosto che a un altro, ogni tentativo di ripresa di una iniziativa proletaria su vasta scala sarà impedito. Finché le energie proletarie saranno convogliate verso obiettivi legati alla patria e quindi alla borghesia, ci sarà tutto da perdere e nulla da guadagnare. Putin è il figlio di un vuoto ideologico nel quale la prima figura apparentemente antagonista al potere mondiale – visto non nel capitalismo in generale ma in una sua espressione particolare, seppure la più forte – viene salutata con entusiasmo. Ignorandone spesso in cattiva fede la natura classista (borghese) con tutto quello che questo comporta in termini di guerra, repressione e sfruttamento.

IB
Venerdì, October 16, 2015

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.